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Futuristi in libertà. Dallo sfogo di Campi allo show di Barbareschi, gli scricchiolii del partito di Fini

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 16:30.

Risponde con il consueto garbo. «La prego, vorrei chiuderla qui, non tiriamola troppo per le lunghe». Ma lo sfogo consegnato lunedì al quotidiano online Linkiesta ha già provocato un polverone. Che ora Alessandro Campi, direttore scientifico di Farefuturo, la fondazione vicina al presidente della Camera, Gianfranco Fini, prova ad azzerare: non lascerà il leader di Fli, ma certo conserva le sue perplessità su alcune scelte.

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Campi: non c'è bisogno di psicodrammi
Dubbi che, per la verità, l'ideologo di Fini ha messo nero su bianco già da un po'. Ma, a tre giorni dall'assemblea costituente di Futuro e libertà (guarda la gallery dei fondatori), la sua bacchettata al presidente della Camera ha scatenato il putiferio con tanto di chiamata diretta dell'ex leader di An e successiva nota serale di smentita firmata dal politologo. Tutto risolto, quindi? Forse sì anche se Campi non scioglie il nodo della sua partecipazione alla convention meneghina. «Questa faccenda di andare a Milano - chiarisce - sta diventando ridicola. Io non sono tra i fondatori di Fli, non faccio politica e non ho mai preso una tessera di partito. Stiamo mettendo su uno psicodramma ed è proprio l'ultima cosa che volevo».

Ventura: Fini dovrebbe dimettersi
Insomma, Campi vuole ridimensionare il caso ma le critiche restano tutte in piedi. Conferma che il terzo polo non lo entusiasma («ancora troppo evanescente»), come pure «le invettive contro il Cavaliere del cosiddetto antiberlusconismo di destra» perché all'Italia serve un centrodestra «diverso da quello berlusconiano e leghista» che lui però stenta a intravvedere. Proprio come un'altra intellettuale vicina a Fini, la politologa Sofia Ventura. Quella che, dalle pagine web di Farefuturo, si scagliò nell'aprile 2009 (quando ancora Ruby e le altre erano di là da venire) contro il "velinismo" montante criticando aspramente il Pdl. «Le donne - scrisse allora la professoressa bolognese, classe 1964 - non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole». Una che, più di recente, non le ha poi certo mandate a dire al leader di Fli. «C'è una parte consistente dell'elettorale potenziale di Futuro e libertà che vuole che si dimetta: si stanno sottovalutando i sentimenti di questi possibili sostenitori», fu l'invito rivolto a Fini all'indomani della debacle parlamentare sul voto di fiducia al governo Berlusconi.

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Tags Correlati: Adolfo Urso | Adolfo Ursoe | Alessandro Campi | AN | Carmelo Briguglio | Farefuturo | Gianfranco Fini | Giuseppe Spinelli | Italia | Italo Bocchino | Luca Barbareschi | Partiti politici | Pd | PDL | Sofia Ventura

 

Il malessere dei moderati
Una batosta che la politologa argomentò in modo assai puntuale rintracciando, tra le cause, la richiesta di dimissioni a Berlusconi formulata a Bastia Umbra: «La crisi non andava aperta, bisognava continuare a costruire ma senza arrivare alla rottura». Perché «l'antiberlusconismo viscerale» ha fatto solo male ai futuristi, è il suo ragionamento, nonlontano da quello di Campi. Insomma, a tre giorni dall'assemblea, Fli stenta a presentarsi compatto all'appuntamento milanese. E ad agitare le acque non c'è solo il caso di Luca Barbareschi, ma anche i tanti dubbi sottotraccia dei più moderati (da Giuseppe Consolo a Mario Baldassarri, da Adolfo Urso ad Andrea Ronchi) che poco credono al progetto del terzo polo e ancora meno a una santa alleanza con il centro-sinistra in chiave elettorale, sponsorizzata invece dai falchi come Italo Bocchino e Carmelo Briguglio.

Da Barbareschi a Consolo: i futuristi in libertà
Nessuno, però, ha intenzione per ora di mollare Fini e il partito. Non lo farà Barbareschi che vuole le scuse ufficiali del leader di Fli (gli avrebbe dato a quattr'occhi del pagliaccio). «Io sono fermo da 20 anni nel centrodestra - spiega l'attore e produttore cinematografico - e lì voglio rimanere. Non c'è stato nessun ondeggiamento» assicura, ma è stato solo un «grande bluff». Che è servito solo ad attirargli le antipatie dei colleghi, ma il suo non è l'unico mal di pancia dentro Fli. Perché tra quelli poco inclini ad allinearsi c'è anche l'avvocato Giuseppe Consolo. Uno che ha disertato la sfiducia al ministro Bondi (ufficilamente perché malato) e non si è presentato nemmeno alla giunta per le autorizzazioni a procedere, di cui è vicepresidente, nel giorno in cui si votava la richiesta di perquisizione dell'ufficio del tesoriere del premier, Giuseppe Spinelli, avanzata dai pm milanesi nel caso Ruby. Lui, per inciso, è sempre stato sulla linea difensiva della maggioranza. «Noi siamo un partito libero - ripete sempre a chi gli chiede conto delle sue scelte controcorrente -. Stiamo con Fini perché ci ha convinti, non perché siamo una caserma». Tutt'altro a giudicare dai continui scricchiolii.

Venerdì si apre la kermesse di Fli
Scricchiolii che non sono il miglior biglietto da visita in vista di venerdì. Quando nel capoluogo lombardo Futuro e libertà proverà a decollare come un vero partito. Ad aprire le danze sarà l'ex viceministro Adolfo Urso e i capigruppo Bocchino e Viespoli, espressione di due anime spesso contrapposte dentro Fli: l'ala più oltranzista, che fa capo al braccio destro di Fini, e quella dialogante e moderata che si muove attorno all'ex sottosegretario al Welfare. A Milano ci sarà spazio per tutti e a tirare le fila sarà Fini. Sempre più stretto tra l'alleanza con Casini e le obiezioni di alcuni dei suoi. Domenica dovrà convincere soprattutto loro.

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