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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 15:31.
MILANO - Da mesi lavorano insieme sul caso Ruby, tra il quarto e il quinto piano del palazzo di giustizia di Milano. Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano sono i magistrati che in questi giorni cercano di provare che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha compiuto i reati di concussione e di prostituzione minorile. Tre magistrati con storie e percorsi diversi, riuniti da un’inchiesta nata da una giovane minorenne di origine marocchina, che rischia di provocare conseguenze politiche imprevedibili.
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Ilda Boccassini, napoletana, 61 anni, è procuratore aggiunto e capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano dal maggio 2009. Come responsabile della Dda segue il caso Ruby da quando Antonio Sangermano è entrato a far parte dell’Antimafia milanese. Per tutti è "Ilda la Rossa", appellativo nato dal colore dei suoi capelli ma che i suoi dei detrattori legano alle inchieste che ha condotto contro il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Da più di trent’anni si occupa di criminalità organizzata. Tra il 1989 e il 1990 è sua l’inchiesta sulla "Duomo connection", che svela per la prima volta le infiltrazioni mafiose a Milano. Le indagini vengono compiute dai carabinieri del capitano Sergio De Caprio, il capitano Ultimo, che qualche anno dopo arresterà il capo della mafia, Totò Riina. È con la "Duomo connection" che Ilda Boccassini entra in contatto con Giovanni Falcone.
Così, dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio dove Falcone e Paolo Borsellino perdono la vita, la Boccassini si fa trasferire a Caltanissetta e per due anni partecipa alle indagini che portano alla scoperta di mandanti ed esecutori delle stragi. Con Ultimo collabora alla cattura di Riina. Quando nel 1994 torna a Milano, entra nel pool Mani pulite prendendo il posto di Antonio Di Pietro. È in quell’anno che incontra per la prima volta sulla sua strada il nome di Berlusconi. Le sue inchieste portano in breve ai processi Sme e Imi-Sir. Dal 2004 le sue indagini puntano sull’antiterrorismo, e nel 2007 portano all’arresto di 15 appartenenti a Seconda posizione, ala movimentista delle Nuove brigate rosse. L’organizzazione stava preparando alcuni attentati contro persone a aziende nel Nord Italia: nel mirino c’era anche una delle abitazioni di Berlusconi. L’ultima inchiesta, l’anno scorso, ha portato all’arresto in Lombardia di 175 persone accusate di appartenere alla ’Ndrangheta, svelando la presenza radicata delle organizzazioni criminali calabresi nel Nord Italia.