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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 09:30.
Omar Suleiman piace ad Israele. Il vice presidente dell'Egitto era il candidato preferito di Israele alla successione di Hosni Mubarak già nel 2008 e i leader dello stato ebraico parlavano con lui quotidianamente grazie a una "hot-line" segreta con il Cairo. Lo scrive oggi il quotidiano britannico Daily Telegraph, citando documenti segreti ottenuti da Wikileaks. Secondo quanto riferito dallo stesso Suleiman, Il presidente egiziano avrebbe intanto creato una commissione per emendare la costituzione.
Figura chiave nel processo di pace mediorientale
Figura chiave nel processo di pace mediorientale, Suleiman suggerì che le truppe israeliane sarebbero state "benvenute" in Egitto per fermare il contrabbando di armi per i terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza. I dettagli, che sono emersi da alcuni file segreti ottenuti da Wikileaks e pubblicati dal Telegraph, giungono dopo l'avvio da parte di Suleiman di colloqui allargati ai gruppi d'opposizione per decidere del futuro del governo egiziano. Sabato scorso il vice presidente ha anche ricevuto "l'investitura" da parte del segretario di Stato americano Hillary Clinton per guidare la transizione dell'Egitto. Alcuni dispacci diplomatici dall'ambasciata Usa di Tel Aviv e del Cairo rivelano la stretta cooperazione tra Suleiman e i governi statunitense e israeliano così come il forte interesse di questi due Paesi nella sua figura come successore di Hosni Mubarak.
Washington ammette, complicato andare subito al voto
Individuato il successore è però complicato organizzare e celebrare subito elezioni libere e credibili.Se Mubarak si dimettesse oggi l'Egitto dovrebbe andare al voto nell'arco di 60 giorni. Troppo poco tempo secondo il portavoce dei Dipartimento di Stato, Philip Crowley: «C'è molta strada da fare per arrivare al momento in cui si possano celebrare elezioni libere e giuste, tanto per il Parlamento che per la Presidenza». Le parole di Crowley riflettono i timori dell'amministrazione Usa secondo cui, elezioni troppo ravvicinate, rischiano di assicurare una vittoria alla fratellanza Musulmana, l'unica opposizione sufficientemente organizzata dopo anni di regime, senza dare spazio alle altre voci.