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In Egitto patto governo-opposizione. Ragazzo disarmato ucciso dalle forze speciali. Video choc

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2011 alle ore 14:38.

Cambiare la costituzione con la partecipazione di tutti, Governo e opposizione. Potrebbe passare da questa strada la stabilizzazione dell'Egitto. Entro marzo verrà costituito un comitato congiunto Governo-opposizione che dovrà mettere mano alle riforme costituzionali. È quanto prevede l'accordo raggiunto oggi al Cairo tra il vicepresidente egiziano Omar Suleiman e le opposizioni. Prove di dialogo anche con i Fratelli musulmani (88 deputati in Parlamento), il potente movimento bestia nera del regime. Non è stato invece invitato a partecipare ai negoziati il premio nobel El Baradei, ex responsabile dell'agenzia atomica internazionale (Aiea). Per El Baradei il confronto tra le parti è ancora «opaco». Intanto Al Cairo la vita riprende: riaprono le banche.

Sul coinvolgimento degli estremisti qualche punto interrogativo rimane. Secondo WikiLeaks, infatti, Suleiman avrebbe ripetutamente messo in guardia gli Usa dai Fratelli Musulmani. Il vicepresidente egiziano non assumerà i poteri di Hosni Mubarak. Il presidente in carica «vorrebbe infatti restare fino a settembre», ha spiegato il primo ministro Ahmed Shafiq in un'intervista alla Cnn. Il clima è ancora caldo. Per i Fratelli Musulmani le riforme proposte dal governo egiziano sono insufficienti. E i giovani che diedero il via, il 25 gennaio scorso ("il giorno della collera"), alla rivolta popolare in Egitto non intendono abbandonare piazza Tharir al Cairo finchè Hosni Mubarak non si sarà dimesso. In un comunicato dei movimenti, letto da Ziad al-Oulaimi, uno dei capi della protesta, si annuncia la nascita di una coalizione formata dal Movimento 6 aprile, da Giustizia e libertà, Fratelli Musulmani, Campagna in sostegno di ElBaradei, Fronte democratico e altri. Un'altra manifestazione di piazza è prevista per martedì 8 febbraio, giorno in cui si festeggia la nascita del Profeta Maometto.

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Il video del ragazzo ucciso dalle forze speciali. La tv satellitare Al-Jazira ha annunciato oggi l'arresto di un altro dei suoi giornalisti impegnati nel raccontare le manifestazioni contro il presidente egiziano Hosni Mubarak al Cairo. Si tratta di Ayman Mohyeldin, il corrispondente di al Jazeera al Cairo. Mohyeldin ha lanciato su Twitter un appello a chi sapesse qualcosa di più su un video che circola su internet, e che vede un giovane egiziano sfidare le forze di sicurezza, disarmato. Il giovane si toglie la giacca, mostra il petto. Gli amici, la famiglia forse, lo richiamano, gli urlano di stare attento, di non esporsi. Troppo tardi: dopo qualche attimo di esitazione i poliziotti sparano. Colpito, il ragazzo cade a terra. Il filmato, reperibile su Youtube e sul sito di al Jazeera, è destinato a diventare uno dei simboli della rivolta popolare in Egitto.

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«Entro la prima settimana di marzo». Sono questi i tempi per la costituzione del comitato congiunto che dovrebbe mettere mano alla Costituzione dell'Egitto. Lo ha annunciato il portavoce del governo, Magdi Radi. C'è stato un consenso, ha spiegato il portavoce, «sulla formazione di un comitato attraverso responsabili del potere giudiziario e un certo numero di personalità politiche, per studiare e proporre emendamenti costituzionali ed emendamenti legislativi richiesti (...) entro la prima settimana di marzo». In occasione dell'incontro, poi, è stato deciso di aprire un ufficio destinato a ricevere i reclami dei prigionieri politici, la rimozione delle restrizioni imposte ai mass media e al web e il rifiuto di «ogni ingerenza straniera negli affari interni egiziani». Il testo redatto a conclusione dell'incontro, ha chiarito ancora Radi, chiede anche la revoca dello stato di emergenza e del coprifuoco.

Transizione con il coinvolgimento dell'opposizione. La soluzione della crisi in Egitto passa dunque attraverso un accordo che di fatto coinvolge anche i movimenti di ispirazione fondamentalista. Del resto i Fratelli Musulmani infatti («Ikhwan Muslimun» in arabo) sono la principale forza d'opposizione in Egitto. Si tratta di un movimento islamico proibito (nel 1974 è stato bandito dalla scena politica egiziana) ma tollerato nel Paese. Fondato nel 1928 dal maestro elementare Hassan Al Banna, si tratta del movimento islamico più antico e diffuso in tutto il mondo arabo. Obiettivo politico del partito è introdurre e seguire i dettami della Sharia, la legge islamica, con un ritorno all'Islam non corrotto dall'Occidente. I Fratelli Musulmani hanno fondato scuole e ospedali. Si presentano così come movimento sociale.

Il Papa: Egitto nazione benedetta. Il Papa Benedetto XVI nel corso dell'Angelus domenicale ha rivolto un appello e una preghiera per la «cara nazione» dell'Egitto, ricordando come essa sia stata «benedetta dalla presenza della Sacra famiglia. In questi giorni - ha detto il Pontefice - seguo con attenzione la delicata situazione della cara nazione egiziana. Chiedo a Dio che quella Terra, benedetta dalla presenza della Santa Famiglia, ritrovi la tranquillità e la pacifica convivenza, nell'impegno condiviso per il bene comune che trovi la via della pace e della tranquillità».

Il monito della Gran Bretagna: serve un cambiamento reale. La Gran Bretagna insiste sulla necessità di un «cambiamento reale, visibile e completo» in Egitto, dove oggi il potere discute, pubblicamente e per la prima volta da circa mezzo secolo, con i Fratelli musulmani, la principale forza d'opposizione del Paese. «Intendiamo mantenere la pressione affinché questa transizione pacifica che noi auspichiamo si svolga in maniera visibile», ha dichiarato il capo del Foreign Office, William Hague, alla Bbc. Hague ha auspicato «un cambiamento reale, visibile e completo che riunisca il popolo egiziano», con «un calendario preciso» per delle elezioni e «un governo più ampio che comprenda delle persone che non fanno parte dell'elite al potere negli ultimi anni». Il capo della diplomazia londinese ha poi insistito sul fatto che le potenze straniere non possono imporre una road-map all'Egitto. È «una nazione sovrana e non spetta a noi dire quando il presidente deve andarsene o che tale o tal'altra persona deve fare parte del governo egiziano», ha spiegato Hague.

No a diktat dall'estero. L'Egitto rifiuta i "diktat" dall'estero. Lo ha chiarito il suo ministro degli Esteri, Ahmed Abul Gheit, dopo gli appelli di numerosi Paesi occidentali a una transizione politica pacifica e rapida nel Paese, teatro da 13 giorni di un movimento di protesta anti-Mubarak senza precedenti. Abul Gheit ha «ricevuto le telefonate dei colleghi degli Stati Uniti e di un certo numero di Paesi europei oltre che del Canada e dell'Australia», ha riferito in un comunicato il portavoce del ministero Hossam Zaki. «Il ministro ha detto ai suoi interlocutori che il popolo egiziano non accetta i diktat stranieri» e sottolineato «l'importanza che i responsabili stranieri cessino di apparire come coloro che vogliono imporre all'Egitto un metodo preciso», ha proseguito in portavoce. «Ripetere termini come "periodo di transizione immediata" riflette una incomprensione della situazione e della Costituzione egiziane», ha detto ancora Zaki, citando Abul Gheit.

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