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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 10:51.
Il ritratto del giudice che ha rinviato a giudizio Silvio Berlusconi nell'ambito del caso Ruby
Chi la conosce la descrive come un'avida lettrice di libri gialli. Sarà a suo agio, dunque, il giudice per le indagini preliminari Cristina Di Censo, da Piombino, alle prese con le 782 pagine degli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Milano sul caso «Ruby». Anche se s'immagina che la gran parte dei documenti contenuti nelle due richieste di perquisizione agli uffici di Giuseppe Spinelli (una da 389 e l'altra da 227 pagine) abbia già avuto modo e tempo di leggerli.
Cinque giorni (non tassativi) per decidere sul rito immediato con cui la Procura intende procedere nei confronti di Silvio Berlusconi per i reati di concussione e prostituzione di minori in connessione tra loro. Diversa la sorte dei coindagati: Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede, accomunati nella fattispecie di induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile in concorso tra loro, andranno davanti al Gip. Per loro il percorso è quello del rito ordinario, non essendovi i presupposti temporali per quello immediato. Il 415 bis, l'avviso della chiusura delle indagini a loro carico, dovrebbe essere pronto entro una decina di giorni.
Il Gip Di Censo ha avuto già a che fare con il premier, sia pure indirettamente. È stato, infatti, il magistrato che ha deciso sulla custodia cautelare in carcere di Massimo Tartaglia, il "lanciatore" della statuetta che, il 13 dicembre 2010, ha colpito al volto il premier. Finendo assolto dalle accuse per «momentanea incapacità di intendere e di volere» e affidato a una comunità dalla gup Luisa Savoia. Di Censo inizia la sua attività togata a Busto Arsizio (Varese) come pretore (figura dal 1999 sostituita dal giudice monocratico) ed è in questa veste che archivia le accuse formulate nei confronti di Don Luigi Verzè, patron dell'Ospedale San Raffaele di Milano e grande amico di Silvio Berlusconi, accusato di avere effettuato prestazioni ospedaliere in assenza di autorizzazioni. Sempre a Busto, è entrata nell'ufficio dei giudici per le indagini preliminari, e successivamente è stata nominata giudice della corte di Assise, presieduta da Anna Azzena. In questa veste si è occupata del processo alle «bestie di Satana» conclusosi il 31 gennaio 2006 con due ergastoli ad Antonio Sapone e pene variabili tra i 23 e i 25 anni per gli altri imputati.