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A Lampedusa duemila tunisini tra sporcizia e speranze. Frattini vola a Tunisi

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2011 alle ore 11:56.

Il vociare è forte, l'impazienza è palpabile. I duemila tunisini che risiedono nel centro di accoglienza di Lampedusa stanno passando la mattinata tutti accalcati sui cancelli della struttura. Entro il primo pomeriggio in 250 dovrebbero essere trasferiti nei centri di accoglienza della Sicilia, della Calabria e della Puglia, con la nave o col traghetto. "Vogliono partire tutti insieme, si lamentano, smaniano", spiega Cono Galipò, amministratore delegato di Lampedusa Accoglienza, che insieme ai carabinieri della Prima Brigata Mobile, giunti ieri sera con l'aereo delle venti da Palermo, cerca di contenere i ragazzi. L'ultimo barcone è approdato nella tarda serata di domenica, e per ora non si registrano nuovi arrivi.

Frattini vola a Tunisi per discutere dell'emergenza

Ma ora l'emergenza è identificare, smistare, trasferire le migliaia di giovani tunisini sbarcati a Lampedusa e fermi da giorni. Con l'aiuto dei traduttori, gli agenti e i coordinatori di Save the Children, Unhcr e Iom spiegano ai tunisini pressati sul cancello di contrada Imbriacola che presto verranno tutti trasferiti, ma a piccoli scaglioni. E che nel corso della giornata arriverà cibo e qualche sigaretta. Seguono applausi e gesti di approvazione fra i ragazzi. Iniziano a capire che non saranno rimpatriati, e questa prospettiva rinfranca il morale. Sono quasi duemila, stipati all'inverosimile, dato che le palazzine della struttura sono progettate per massimo 800 residenti. Dal centro si può entrare e uscire. Nessuno è in stato di detenzione, ma tutti preferiscono non allontanarsi perché è dal lì che vengono smistate le partenze per l'Italia, e chi non si fa trovare perdere il suo aereo o traghetto.

La nottata, spiegano i Carabinieri, è scorsa via senza gravi problemi rispetto al caos seguito agli arrivi di massa dei primi giorni. Il cancello del Cie non ha fatto altro che aprirsi e chiudersi per tutta la notte per fare entrare gruppi d i migranti, accompagnati dalle forze dell'ordine o a piedi, in arrivo dal campo da calcio vicino al porto, dalle stanze della parrocchia o dalla stazione marittima. I luoghi dove erano accampati da giovedì. Per le strade non c'è rimasto quasi più nessuno, tranne qualche decina di tunisini che ancora attendono nelle stanze del Comune. Fra le vie di Lampedusa la polizia municipale per tutta la nottata di ieri non ha fatto altro che pescare gruppetti di giovani tunisini e convincerli a ritornare insieme agli altri, e a non disperdersi. Gli ultimi ad essere scorati in contrada Imbriacola sono stati i 150 tunisini che accampavano alla stazione marittima, sul porto.

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Tags Correlati: Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati | Cono Galipò | Daniela Freggi | Francia | Frattini | Guardia di Finanza | Imbriacola | Laura Boldrini | Organizzazione mondiale migrazioni | Save | Sicilia | Tunisia | Vigili Urbani | Viviana Valstro | Volontariato | World Wildlife Fund

 

Fino all'una di notte sono rimasti sulle banchine, avvolti da coperte improvvisate, fra la sporcizia accumulata in quattro giorni di bivacco, sdraiati all'aperto o dentro le stanze della stazione, stanchi e affamati. Esasperati dalla immobilità fra le banchine "L'importante per tutti, qui, è andarsene. Nessuno ce la fa più a star qua. C'è gente che non si cambia l'abito e non si sfila le scarpe da quattro giorni", si lamentava poco prima di essere trasferito Haziz, un trentenne di Tunisi, che spiega di essere un ex professore di Fisica. "Gli italiani sono brave persone – dice – la polizia con noi è stata buona. Chiediamo scusa agli italiani se siamo venuti qui a casa vostra, ma non possiamo fare altrimenti. Io ho viaggiato per 24 ore, ho speso 3000 dirham (circa 2700 euro, ndr) per intraprendere questo viaggio. Con me c'erano sei donne in barca". Anche lui,come quasi tutti i tunisini di Lampedusa, spiega di voler arrivare in Francia, a Parigi, per ricongiungersi con parte della sua famiglia. L'Italia per Haziz, come per molti dei giovani tunisini sbarcati, dovrà essere solo un paese di passaggio. La cena per un attimo smorza la tensione e alleggerisce gli animi. Poi il responsabile della protezione civile, che da solo cerca di contenere l'emergenza, fornisce loro sacchi e scopettoni, e in molti ramazzano i pavimenti per prepararsi a un'altra nottata nella stazione Marittima, poco dopo però sono tutti trasferiti nel Cie.

Mentre i Carabinieri e Guardia di finanza coordinano il mantenimento dell'ordine pubblico, un lavoro molto complicato spetta ai coordinatori dell'Unhcr, di Save the Children e dello Oim, si tratta di capire se fra i tunisini ci siano minorenni. O persone che hanno l'esigenza di ricongiungersi con i proprio gruppi familiari. È molto difficile affrontare con lucidità il problema dei rifugiati politici: " molti potrebbero avere il diritto d'asilo, dato che all'indomani della rivoluzione ancora in Tunisia ci sono focolai di conflitto e guerre fra bande." spiega Viviana Valstro di Save the Children. Oggi, per supervisionare la situazione, il presidente dell'Unhcr, Laura Boldrini.

Mentre intanto gli ultimi migranti abbandonano la stazione marittima, anche Daniela Freggi torna a dormire a casa, dopo che per tre notti è rimasta chiusa nel laboratorio del Centro Soccorso e Cura Tartarughe Marittime del Wwf. È rimasta nel laboratorio del centro per fare da guardia alle quattro bellissime tartarughe marine che nuotano negli acquari del centro. "Sono la responsabile del progetto e ho deciso di dormire qui per proteggerle – spiega – appena ho saputo dal sindaco che i migranti sarebbero stati ospitati intorno al centro, mi sono chiusa qua. Non vorrei che succedesse qualcosa alle tartarughe, dato che appena sono arrivati hanno strappato volantini e poster dalle pareti e stracciato le nostre riviste". E mentre nel Cie, nell'interno roccioso di Lampedusa, si smania per la partenza, gli occhi degli isolani sono tutti rivolti verso il mare, e le coste tunisine, in attesa di un'altra ondata di arrivi.

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