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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 15:15.

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Rafael Correa, quando nel 2006 venne eletto presidente dell'Ecuador annunciò una politica "rigorosa" nei confronti delle multinazionali petrolifere presenti nel suo Paese. In campagna elettorale sguainava la cintura dei pantaloni (che in spagnolo si dice "correa", come il suo cognome) e la faceva roteare in aria per le strade di Quito in segno di sfida.

Ha mantenuto le promesse. Pochi mesi fa il governo di Quito ha condotto una battaglia durissima, per presunte irregolarità contrattuali, con Petrobras, la società energetica brasiliana.

Ieri il gruppo petrolifero statunitense Chevron è stato condannato da un giudice ecuadoriano a versare otto miliardi di dollari di risarcimento per inquinamento ambientale causato dalla Texaco (società acquisita nel 2001) tra il 1964 e il 1990. La sentenza di quello che i media latinoamericani hanno definito «il processo della storia» è stato prima diffuso dall'organismo Fronte per la difesa dell'Amazzonia e poi confermata dal gruppo statunitense, che ha già dichiarato di voler ricorrere in appello.

Il giudice Nicolas Zambrono, del tribunale della provincia di Sucumbios, ha presentato una lunga relazione, un un documento di circa 200 pagine rilevando che inizialmente l'accusa aveva chiesto il pagamento di 27 miliardi di dollari. La causa era iniziata nel 1993, quando il gruppo Texaco - poi fuso con la Chevron - venne accusato per le estrazioni di petrolio effettuate tra il 1964 e il 1990 nella regione amazzonica dell'Ecuador, operazioni che secondo l'accusa hanno provocato ingenti danni alle comunità indigene delle regioni di Sucumbios e Orellana.

I movimenti indigeni, che in Ecuador hanno acquisito una notevole forza organizzativa, hanno dimostrato che nelle regioni in cui operava Texaco vi è stato un forte aumento di malattie mortali, fra cui il cancro e la leucemia. Chevron contesta la sentenza e la dichiara "illegittima". Non è tutto, ha dichiarato che va contro quanto hanno sostenuto le prove scientifiche fornite sul caso.

Uno degli avvocati ecuadoriani, Pablo Fajardo, ha replicato che l'indennizzo è molto basso rispetto ai danni realmente provocati da Texaco, ma è un «primo e significativo passo verso il riconoscimento delle responsabilità ambientali di alcune compagnie petrolifere».

Lo scorso anno il presidente Correa ha annunciato un default di 30,6 milioni di dollari in scadenza nel 2012. Si tratta di titoli di Stato che il governo di Quito ha deciso di non pagare in quanto illegittimo. La motivazione fu questa: «I titoli in scadenza sono imputabili alla ristrutturazione del debito dell'Ecuador avvenuta nel 2000, quando in seguito a una grave crisi finanziaria il Paese fu costretto a dollarizzars» Un'altra provocazione diretta alla comunità finanziaria internazionale.

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