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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2011 alle ore 13:23.
Silvio Berlusconi si mostra sereno ai cronisti all'indomani del rinvio a giudizio, deciso dal gip Cristina Di Censo, per il caso Ruby. «Non sono affatto preoccupato», annuncia il premier in conferenza stampa, sicuro che la maggioranza riuscirà a raggiungere quota 325 alla Camera. «Avevamo un forte freno nella nostra maggioranza. avevamo la componente statalista rappresentata da Fini, che ci ha frenato su alcune riforme. Abbiamo ora una maggioranza, che contiamo in pochi giorni di portare alla camera a 325 deputati, che ci permetterà di fare le riforme». Senza dover tornare davanti agli elettori. Berlusconi lo dice chiaro chiaro. «Elezioni anticipate? No, altrimenti vi sembra che staremmo qui a preoccuparci di economia?».
Bossi avverte Berlusconi: il governo avanti se ha i numeri, altrimenti cade da solo
Bossi: governo avanti se ha i numeri, altrimenti cade da solo
Quanto poi al rapporto con Umberto Bossi, tentato dalle sirene del Pd con il segretario Pierluigi Bersani che lo invita a staccare la spina per portare a casa il federalismo, Berlusconi è sicuro della solidità dell'asse con l'alleato. «Ieri sera i vertici della Lega e Bossi hanno passato tutta la serata con me, dichiarandomi la loro vicinanza e olontà di andare avanti con il governo. Siamo quantomai coesi - chiarisce - e decisi a portare la legislatura ino al suo termine naturale». Insomma, a detta del premier, l'incontro di ieri sera a palazzo Grazioli con i vertici del Carroccio ha confermato l'alleanza con i due, respingendo, almeno per ora, le avances dei democratici. Ma il leader della Lega Umberto Bossi lo avverte. «Il governo va avanti se hai i numeri. Se non ci fossero cade da solo».
Fini era un freno per le riforme
La conferenza stampa, seguita all'accordo per il rinnovo della moratoria per il credito delle pmi, diventa però per il premier l'occasione per tornare a punzecchiare Gianfranco Fini. Non vuole rispondere sul processo che lo attende il Cavaliere («per amor di patria non parlo di questo») e rimbrotta i cronisti che provano comunque a interpellarlo sul tema («senti biricchino, lascia perdere»), ma su Fini invece è il solito fiume in piena. La maggioranza, ragiona infatti il premier, ora è senz'altro «minore», dopo l'uscita di Fli, ma non avendo più il forte freno «della componente statalista rappresentata da Fini e dai suoi ora i numeri consento di amministrare e di fare le principali riforme a partire dalla giustizia». Insomma, sono stati Fini e i suoi, secondo il Cavaliere, a fermare «ogni tentativo di riforma della giustizia che sarebbe stata necessaria per il processo civile e anche per quello penale».