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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 09:43.
L'incontro è inatteso e sorprendente. Ma i cronisti presenti non hanno difficoltà a riconoscerla. Lei è Karima El Mahroug detta «Ruby», che si palesa a Milano in un luogo non distante da palazzo di giustizia. «Piacere Ruby». Capelli raccolti, una camicetta beige fantasia, scarpe basse, jeans attillati, niente trucco, smalto rosso sulle unghie. Un look sobrio, quasi dimesso a sottolineare un cambio di strategia nella comunicazione di sé. Per tutto il giorno a palazzo si erano rincorse voci sull'avvenuta notifica degli atti della procura di Milano presso il suo domicilio genovese.
La smentita così giunge "dal vivo" in modo fortuito. «Ho atteso la consegna delle carte a Genova per tutta la mattina – spiega Ruby al Secolo XIX e al Sole 24 Ore – e non è arrivato nulla. Nel pomeriggio sono partita in macchina per Milano». Di certo ieri Ruby ha avuto un primo incontro, interlocutorio, con i suoi nuovi legali. Coloro che sostituiranno i due avvocati che si sono succeduti al suo fianco in due momenti distinti della vicenda: Luca Giuliante prima, Massimo Dinoia poi. Mistero fitto sui loro nomi. Si dice solo che ad assisterla sarà una donna e che sia particolarmente esperta in procedure penali che coinvolgono minorenni. Si dice anche che, al cambiamento di legali, seguirà anche un mutamento di strategia processuale. Nessun commento da Ruby invece circa le indiscrezioni trapelate su alcune intercettazioni di telefonate intercorse nel settembre scorso tra lei e suo padre M'hamed El Mahroug. Nelle telefonate Ruby avrebbe tentato di "inquinare" la testimonianza della madre dicendo a suo padre: «Devi dire alla mamma di non parlare, di alzarsi e di dichiarare di non voler rispondere a nulla».
St.E.
An.Mi.