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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 08:57.

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Saif al-Islam, uno dei figli del leader libico, ha ordinato la costituzione di una commissione d'inchiesta sulle violenze, capeggiata da un giudice libico e con la partecipazione di organizzazioni libiche e straniere che si battono per i diritti umani. Lo riferisce la tv di stato libica, secondo al Bbc online. Lo stesso Saif, nella notte tra domenica e lunedì aveva dichiarato in tv che «gli scontri scoppiati in Libia sono frutto di un complotto straniero, che vuole distruggere l'unità del paese e instaurare una repubblica islamica». Il figlio di Gheddafi, nel discorso alla nazione trasmesso nella notte in televisione, aveva poi aggiunto: «Distruggeremo i responsabili della rivolta», sottolineando che «l'esercito avrà ora un ruolo cruciale nell'imporre la sicurezza perché sono in gioco l'unità e la stabilità della Libia». Saif Al Islam ha quindi ricordato che «tutto il popolo libico è armato», invitandolo quindi a combattere contro quanti partecipano alla rivolta, perchè la Libia «non è la Tunisia nè l'Egitto».

Intanto ministro della Giustizia libico si sarebbe dimesso in segno di protesta «per l'eccessivo uso di violenza contro le manifestazioni». Lo ha riferito il quotidiano libico Qurina. Anche un gruppo di leader musulmani libici, si è unito al coro dei manifestanti anti rais, affermando che la rivolta è un dovere divino di ciascuno.

A metà giornata si sono anche rincorse voci di un possibile golpe. Fonti libiche hanno fatto sapere alla tv satellitare Al Jazeera che all'interno dell'esercito vi sarebbero grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro il colonnello Gheddafi. Una fonte ha comunicato alla tv che «il popolo sentirà buone notizie entro la fine della giornata».

Negli scontri ancora in corso sarebbe rimasto gravemente ferito il comandante delle forze speciali, Abdalla El Senoussi, che potrebbe essere addirittura già morto. Ci sarebbe poi un video su Youtube che potrebbe testimoniare la fuga del rais da Tripoli. Nel video si vede quello che sembra un corteo presidenziale con oltre 75 fuoristrada, blindati, due pullman e due auto della polizia sfrecciare ad altissima velocità.

Oltre a Bengasi, Beida, Sirte e Al-Zawiya sarebbe caduta nelle mani dei ribelli anti-regime almeno un'altra città della Libia: si tratta di Gialo, situata in pieno deserto libico circa 400 chilometri a sud della costa della Cirenaica, nei pressi della celebre oasi di Cufra, uno dei pochi centri di autentica cultura berbera ancora esistenti nel paese, dove la minoranza è stata oggetto di dura repressione.

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