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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2011 alle ore 06:37.
Trasmette calma olimpica, al telefono da Tripoli, in tarda mattinata, Mohamed Ali Elfandi, numero due della Camera di commercio italo-libica. «Qui è tutto tranquillo», dice al cellulare. Passano poche ore e di tutt'altro tenore è lo stato d'animo del presidente camerale, l'avvocato bolognese Antonio de Capoa: «Sì, abbiamo 180 aziende iscritte, dalle grandi alle piccolissime, le abbiamo cercate in queste ore, ma non parlano». Le linee telefoniche vanno in tilt, tra aziende e Italia, nel pomeriggio si parla solo via skype. Circa 1.400-500 italiani vivono e lavorano in Libia al seguito di imprese impegnate soprattutto nel settore delle costruzioni.
Aziende italiane coinvolte nel primo forum italo-libico (novembre 2010) a Milano
Gli avvenimenti di queste ore mandano in fumo le speranze innescate dal primo forum italo-libico organizzato da Promos a Milano (con regione Lombardia, Assolombarda e, appunto, Camera di commercio italo-libica) il 24 novembre dedicato alle prospettive in Libia per le aziende italiane.
Un centinaio gli imprenditori coinvolti ai quali era stato spiegato che, a parte i grandi investimenti nel settore dell'energia e del credito, «c'è tutto un terreno da sperimentare, con ampi margini per una crescita dei rapporti d'affari tra Pmi italiane e Libia».
Di più: il governo di Tripoli si era detto disposto a mettere sul piatto 250 milioni di euro per l'arrivo in Italia di un migliaio di lavoratori libici da formare on the job nelle pmi italiane con l'obiettivo di farne dei pontieri in vista dell'arrivo di aziende italiane in Libia. Adesso, l'urgenza è scampare ai tumulti. Impregilo, che sta costruendo l'università a Misurata e che in Libia ha altre commesse, ieri ha attivato le misure per riportare a casa 50 persone, giù ne resteranno pochissime («Solo 5, quelle essenziali», dice un portavoce dell'azienda). Il presidente Massimo Ponzellini aggiunge: «C'è qualche preoccupazione, ma noi siamo ancora ottimisti, abbiamo segnali che i nostri cantieri non dovrebbero soffrire».
Il gruppo Salini-Todini, già presente nel paese, aveva appena conquistato una commessa: «Salini era già presente in Libia con importanti progetti, ma da poco Salini-Todini ha acquisito una nuova commessa - dice l'imprenditrice Luisa Todini - ma non abbiamo nemmeno fatto a tempo a mettere su il cantiere». Alla Astaldi, poi, che ha partecipato senza successo alla gara per la costruzione della maxi-autostrada libica vinta poi da Saipem prima di Natale, quasi tirano un sospiro di sollievo: «Il gruppo si è concentrato su paesi mirati». La Bonatti che ha dichiarato di avere in Libia un migliaio di dipendenti in dodici aree di lavoro annuncia che «é previsto il rimpatrio, intanto sono stati radunati a Tripoli, in vista del rientro».