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Sull'acqua possibili risparmi per 17,3 miliardi nei prossimi 30 anni

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2011 alle ore 15:55.

Fino a 17,3 miliardi di euro nei prossimi trent'anni. Poco meno di 600 milioni di euro all'anno. Valgono tanto le possibili innovazioni nella gestione dell'acqua in agricoltura secondo lo studio realizzato da Althesys, società di ricerca e consulenza, e presentato stamattina a Roma. Un miglioramento che sarebbe possibile ottenere attraverso l'uso dell'information technology, con un accorto rinnovamento della rete di trasporto e con l'adozione di tecniche all'avanguardia nell'irrigazione e nella gestione dei campi. Tutti fattori misurati dallo studio, che ne ha valutato le potenzialità ai fini di un risparmio decisivo per tutto il sistema idrico italiano.

In Italia il 50% di acqua dolce è utilizzata in agricoltura
Perché, come ricorda il ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, «in Italia circa il 50% dell'acqua dolce disponibile è utilizzato per l'agricoltura, a fronte del 25% dell'industria e del 15% destinato agli usi domestici». Tuttavia, «se l'attività agricola esercita una considerevole pressione sulla risorsa idrica, è anche vero che gli Enti irrigui determinano evidenti effetti positivi per l'ambiente. Svolgono infatti una funzione di presidio del territorio, producendo benefici sull'assetto idrogeologico e una funzione ambientale fondamentale».

Analizzate quattro aree di risparmio
L'analisi di Althesys, spiega l'amministratore delegato e capo del team di ricerca, Alessandro Marangoni, «valuta gli effetti di politiche efficienti e innovative della gestione dell'acqua in agricoltura da un punto di vista economico, ambientale e sociale. Le valutazioni sono condotte in un'ottica di sistema che considera la collettività e l'ambiente, andando oltre il bilancio della singola azienda». Seguendo questo metodo sono state analizzate le innovazioni possibili su quattro diversi fronti: i metodi irrigui, i modelli gestionali, le nuove tecnologie e le reti di distribuzione. Il risultato è che nella più prudente delle ipotesi è possibile ottenere risparmi fino a 9,7 miliardi di euro. Nello scenario migliore fino a 17,2.

La rete vale otto miliardi
Il fronte dal quale ci si attende un impatto maggiore è, ovviamente, quello della rete. La sostituzione dei canali a cielo aperto, che oggi coprono il 72% della rete italiana, e la riparazione delle condotte vale benefici stimabili tra i 4,2 e gli 8,7 miliardi di euro, grazie alle minori perdite per evaporazione e infiltrazione. Il perfezionamento dei metodi di irrigazione, invece, vale tra i 2,8 e i 4,3 miliardi di euro: qui la svolta potrebbe essere segnata dal passaggio dall'irrigazione ad aspersione all'irrigazione a goccia o a microaspersione. L'Ict, invece, potrebbe valere tra i 2,1 e i 3,2 miliardi di euro in trent'anni. Benefici raggiungibili grazie a sistemi informatizzati di gestione delle reti idriche, che riducano i consumi e aumentino le rese commerciali. Infine, altre innovazioni tecnologiche, come l'introduzione dei cosiddetti misuratori di portata per calcolare la quantità d'acqua effettivamente utilizzata, sono valutati tra i 500 milioni e gli 1,1 miliardi di euro. Sempre nell'arco di trent'anni.

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Anbi: incrementare le risorse idriche
Ma non c'è solo il fronte dei risparmi. «Ora – chiosa il presidente di Anbi, Massimo Gargano - bisogna guardare oltre, perché la prossima sfida è l'incremento delle risorse idriche disponibili, considerato che, a oggi, si utilizzano solo otto dei trecento miliardi di metri cubi d'acqua che, annualmente, piovono sul Paese. Per questo chiediamo un piano nazionale di invasi medio-piccoli collinari e di pianura, cui abbinare nuove opportunità economiche come la produzione microidroelettrica».

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