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Berlusconi: bene la democrazia in Libia, ma attenti al dopo. Per gli ebrei di Roma Gheddafi resisterà

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 12:53.

«Per tutta la notte siamo stati in contatto con i leader europei e americani per monitorare la situazione in Libia e in altri paesi del nord Africa. Quello che è importante è che non ci siano violenze ma dobbiamo anche essere attenti a quello che accadrà dopo quando saranno cambiati questi regimi con cui noi trattiamo e che sono per noi importanti per la fornitura di energia».

È l'auspicio pronunciato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo agli stati generali di Roma. Il Cavaliere aveva convocato ieri sera a Palazzo Chigi un vertice interministeriale per fare il punto sulla situazione libica subito dopo un delicato colloquio con Muammar Gheddafi, nel corso del quale Berlusconi aveva ribadito la necessità di porre fine alla violenza contro i civili.

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Spero non prevalga fondamentalismo islamico
Insomma, l'idillio tra il Cavaliere e il Colonnello sembra avvicinarsi alla fine e lo si intuisce anche dalle parole che il premier pronuncia durante gli stati generali capitolini. Quando esprime apprezzamento per l'ondata di democrazia che ha investito l'area del Mediterraneo e che sembra sfiorare anche la Libia. «Prendiamo atto con grande piacere - ha aggiunto - che il vento della democrazia é soffiato in quei paesi; tanti giovani vogliono entrare nella modernità e armati del loro coraggio e di internet hanno dato via ai sommovimenti. Facciamo attenzione che non ci siano violenze ingiustificate e derive che recepiscano il fondamentalismo islamico».

Milleproroghe era purosangue, ora è un ippopotamo
Davanti a una platea che lo accoglie calorosamente il presidente del Consiglio non risparmia battute e, alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che arriva in sala durante il suo intervento, riserva un colorito benvenuto. «Ecco la nostra, la mia presidentessa di Confindustria, tributiamole un applauso. A Milano la chiamiamo bella tusa (bella ragazza, ndr)». Insomma, il premier si mostra sereno, rinfrancato dalle notizie che arrivano dal Parlamento, dove i numeri della maggioranza crescono,e per nulla preoccupato dei rilievi mossi dal capo dello stato, Giorgio Napolitano, al milleproroghe (guarda l'Abc). «Il decreto viene approvato dal Consiglio dei ministri, poi va al Parlamento - ragiona il premier -, discutono le commissioni, poi in aula e il testo cambia. Poi c'è la lettura all'altro ramo del Parlamento. Morale: quello che il presidente del Consiglio e il suo governo avevano approvato come un focoso destriero purosangue diventa un ippopotamo». Tanto più, aggiunge ancora il premier, «non è nella disponibilità del Governo fare decreti, ci vuole sempre la firma del capo dello stato». Ce l'ha insomma con il Parlamento il premier al punto da arrivare a dire che «chi occupa la presidenza del Consiglio non ha alcun potere». Da imprenditore, aggiunge Berlusconi, «invece avevo dei poteri: potevo assumere, licenziare, anche se non ho mai licenziato nessuno». Nessuna polemica con Napolitano, quindi.

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Berlusconi: Roma capitale potrà entrare nell'olimpo delle grandi città

«Roma capitale é un'innovazione che abbiamo inseguito con ferma volontà da oltre 20 anni. Avrà una

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Il federalismo è riforma chiave per lo Stato
Insomma, il Cavaliere sceglie la linea morbida e non vuole scontri con il Quirinale come gli suggeriscono le colombe della maggioranza. Ma non lesina una bacchettata all'opposizione quando dice che «il mio sogno più grande è quello di poter disporre, come paese, di una opposizione socialdemocratica». Se non facciamo le riforme istituzionali, avverte ancora il premier, «non c'è nessuna speranza, anche con l'opposizione con cui ci troviamo ad operare», aggiunge, «perché sono sordi ad ogni possibilità di collaborazione». Quindi torna a ribadire la centralità del federalismo. «È una riforma chiave per la modernità dello Stato. Con queste riforme abbiamo corretto quelle precedenti, come il titolo V approvata con quattro voti di scarto alla Camera a fine legislatura. Si trattava di riforme zoppe».

Italia al riparo della crisi, ora pensiamo alla crescita
Davanti agli imprenditori che lo ascoltano il premier spande poi ottimismo a piene mani. Promette l'approvazione di un nuovo codice di norme fiscali «per mettere fine a tutta quella selva di norme che creano dei problemi anche alle aziende». E aggiunge che la crisi è ormai superata. «L'Italia è al riparo dalla crisi economica mondiale, abbiamo fatto meglio di altri paesi d'Europa perche abbiamo capito prima e meglio di altri la contingenza e abbiamo agito di conseguenza senza promettere miracoli». Ora, prosegue Berlusconi, è arrivato il momento di «dare ai lavoratori la possibilità di sostenere la crescita dell'economia in accordo con le forze sociali con le quali stiamo collaborando per una riforma del sistema fiscale». Infine assicura il sostegno del governo per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 «che deve essere acceleratore dello sviluppo di Roma capitale per valorizzare l'immagine della città e del Paese, dando un forte contributo alla crescita della nostra economia».

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