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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 12:53.
«Per tutta la notte siamo stati in contatto con i leader europei e americani per monitorare la situazione in Libia e in altri paesi del nord Africa. Quello che è importante è che non ci siano violenze ma dobbiamo anche essere attenti a quello che accadrà dopo quando saranno cambiati questi regimi con cui noi trattiamo e che sono per noi importanti per la fornitura di energia».
È l'auspicio pronunciato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo agli stati generali di Roma. Il Cavaliere aveva convocato ieri sera a Palazzo Chigi un vertice interministeriale per fare il punto sulla situazione libica subito dopo un delicato colloquio con Muammar Gheddafi, nel corso del quale Berlusconi aveva ribadito la necessità di porre fine alla violenza contro i civili.
Oltre mille morti a Tripoli. Gheddafi a Berlusconi: qui va tutto bene - Eni ferma forniture gas - Mappe (di Stefano Natoli)
Spero non prevalga fondamentalismo islamico
Insomma, l'idillio tra il Cavaliere e il Colonnello sembra avvicinarsi alla fine e lo si intuisce anche dalle parole che il premier pronuncia durante gli stati generali capitolini. Quando esprime apprezzamento per l'ondata di democrazia che ha investito l'area del Mediterraneo e che sembra sfiorare anche la Libia. «Prendiamo atto con grande piacere - ha aggiunto - che il vento della democrazia é soffiato in quei paesi; tanti giovani vogliono entrare nella modernità e armati del loro coraggio e di internet hanno dato via ai sommovimenti. Facciamo attenzione che non ci siano violenze ingiustificate e derive che recepiscano il fondamentalismo islamico».
Milleproroghe era purosangue, ora è un ippopotamo
Davanti a una platea che lo accoglie calorosamente il presidente del Consiglio non risparmia battute e, alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che arriva in sala durante il suo intervento, riserva un colorito benvenuto. «Ecco la nostra, la mia presidentessa di Confindustria, tributiamole un applauso. A Milano la chiamiamo bella tusa (bella ragazza, ndr)». Insomma, il premier si mostra sereno, rinfrancato dalle notizie che arrivano dal Parlamento, dove i numeri della maggioranza crescono,e per nulla preoccupato dei rilievi mossi dal capo dello stato, Giorgio Napolitano, al milleproroghe (guarda l'Abc). «Il decreto viene approvato dal Consiglio dei ministri, poi va al Parlamento - ragiona il premier -, discutono le commissioni, poi in aula e il testo cambia. Poi c'è la lettura all'altro ramo del Parlamento. Morale: quello che il presidente del Consiglio e il suo governo avevano approvato come un focoso destriero purosangue diventa un ippopotamo». Tanto più, aggiunge ancora il premier, «non è nella disponibilità del Governo fare decreti, ci vuole sempre la firma del capo dello stato». Ce l'ha insomma con il Parlamento il premier al punto da arrivare a dire che «chi occupa la presidenza del Consiglio non ha alcun potere». Da imprenditore, aggiunge Berlusconi, «invece avevo dei poteri: potevo assumere, licenziare, anche se non ho mai licenziato nessuno». Nessuna polemica con Napolitano, quindi.








