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In Libia diecimila morti. Obama: «Violenza mostruosa, i responsabili dovranno rispondere»

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 10:45.

«C'è forte volontà e unità» tra i 27 paesi della Ue per prendere «ulteriori misure», intese come sanzioni, nei confronti del regime libico. Lo hanno riferito fonti diplomatiche Ue al termine della riunione del Comitato per la politica e la sicurezza dell'Unione europea. L'opposizione libica, intanto, controlla ormai la parte orientale del Paese, con molti militari che si sono uniti ai manifestanti nella lotta contro il regime di Muammar Gheddafi. Secondo la tv satellitare al Arabiya, in Libia ci sarebbero stati dall'inizio della rivolta almeno 10mila morti e 50mila feriti.

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Si fa molto dura la presa di posizione dell'amministrazione Usa nei confronti della Libia. Il governo libico verrà giudicato responsabile della azioni intraprese» contro i manifestanti anche davanti alla giustizia internazionale ha detto il segretario di Stato Usa Hillay Clinton, ribadendo che «le violenze sono inaccettabili» oltre alla volontà di lavorare di concerto con le istituzioni internazionali. Durante una conferenza stampa, Clinton ha precisato che gli Usa intendono agire insieme alla comunità internazionale. "Nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite procederemo nel modo migliore per aiutare il popolo libico", ha detto Clinton, "e stiamo lavorando molto strettamente con i nostri partner". Altri paesi sono tuttavia in posizione migliore degli Usa per intervenire sul governo libico: "Molti paesi hanno rapporti con la Libia molto più stretti dei nostri", ha detto Clinton, senza precisare quali siano questi paesi. "Tutte le opzioni sono sul tavolo" per affrontare la situazione, ha concluso il capo della diplomazia Usa.

Obama: basta violenze
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha chiesto che venga posto fine alla «violenza mostruosa» in corso in Libia. «Condanniamo fortemente l'uso della violenza in Libia - ha detto Obama -. Il bagno di sangue è mostruoso, ed è inaccettabile. Queste azioni violano le norme internazionali e ogni standard di normale decenza».Barack Obama, parlando per la prima volta della situazione in Libia ha detto che «i diritti umani non sono negoziabili».

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I flussi migratori
Intanto i ministri dell'Interno di Italia, Francia, Spagna, Malta e Cipro, hanno concordato a Roma in vista della riunione del Consiglio di domani a Bruxelles una serie di proposte, quali l'istituzione di un Fondo speciale di solidarietà per i Paesi - Italia in prima linea - destinatari dei maggiori flussi migratori in seguito alla crisi in Nordafrica e un sistema europeo di asilo comune, con la possibilità che i richiedenti siano accolti anche da Paesi diversi da quelli del primo arrivo. Il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha detto che chiederà agli Stati membri « di mostrare solidarietà».

L'opposizione controlla ormai tutta la zona costiera
Quanto alla guerar civile in corso, fonti locali dicono che l'opposizione controlla ormai tutta la zona costiera che va dalla frontiera egiziana fino ad Adjabiya, passando per Tobruk e Bengasi; ad Al Beida, teatro di alcuni degli scontri più violenti degli ultimi giorni, numerosi miliziani fedeli a Gheddafi sarebbero stati giustiziati. La parte orientale del paese coincide con la Cirenaica, zona storicamente ribelle al potere di Muammar Gheddafi. Da qui veniva anche l'ultimo re della Libia, Idris Al Senussi, deposto dal rais libico nel 1969.

Fosse comuni a Tripoli
Un video realizzato da OneDayOnEarth e ripreso dal Telegraph mostra i preparativi di una fossa comune a Tripoli, capitale della Libia in preda alle violenze.
Il filmato amatoriale dà una visione dall'interno sul numero delle vittime a Tripoli e circola mentre il leader libico Muammar Gheddafi ha minacciato di reprimere la rivolta che monta contro il suo regime, al potere da quarantadue anni. Le forze del colonnello hanno colpito duramente i manifestanti, con la rivolta che si è estesa alla capitale dopo essere scoppiata nella parte orientale della Libia dove si concentra la produzione petrolifera. Human Rights Watch ha denunciato che sono almeno 233 le persone uccise in cinque giorni di violenze in Libia, anche se i gruppi dell'opposizione parlano di un numero di vittime nettamente superiore.

Medico francese: 2mila morti a Bengasi, cecchini ovunque
Più di 2.000 persone sono state uccise solo a Bengasi, durante le manifestazioni anti-regime. A dirlo è stato Gerard Buffet, un dottore francese tornato in patria lunedì dopo aver lavorato nella città libica, intervistato da 'Le Point'. Il dottore ha raccontato di aver visto scene di guerra: «A Bengasi c'erano cecchini ovunque. Era davvero una carneficina».

Ripresi i bombardamenti
«Ci sono ancora diversi carri armati in strada e sono ricominciati i bombardamenti in varie città della Libia. Il governo libico continua a inviare squadre di soldati che manganellano i civili entrando all'interno delle abitazioni». A riferirlo all'Ansa è il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia. «Muammar Gheddafi ha dato ordini ai propri militari di reclutare, attraverso un elenco di 400 persone, alcuni civili da armare, affinché possano aiutare il governo a reprimere la rivolta», spiega Foad Aodi.

Migliaia in fuga verso la Tunisia
Più di 5.700 persone, tra libici e tunisini residenti in Libia, sono fuggite dal Paese negli ultimi due giorni per rifugiarsi in Tunisia. Lo ha detto oggi la Croce rossa, presente al confine, secondo cui esiste il "rischio catastrofico" di un esodo massiccio. Il flusso di arrivi alla frontiera di Ras Jedir si è intensificato questa mattina; ai molti tunisini, si aggiungono sempre di più i libici, provenienti soprattutto da Tripoli. «Dopo il discorso di ieri di Gheddafi, c'è il rischio catastrofico» di un esodo massiccio, ha detto Hadi Nadri, un responsabile della Croce rossa. «Ci attendiamo migliaia di rifugiati; siamo pronti al peggio».

L'Unione africana condanna le violenze del regime
Il Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana si è riunito ad Addis Abeba per esaminare la situazione in Libia, e ha «deplorato la malaugurata e tragica perdita di vite umane» nonché «la distruzione dei beni» in corso nel Paese maghrebino. Ha quindi rivolto un appello «a tutto il popolo libico, alle parti in conflitto e a chiunque sia coinvolto nella crisi perchè diano prova di moderazione», onde evitare conseguenze ancora peggiori: lo ha reso noto la presidente di turno dell'organismo pan-africano, la rappresentante namibiana Kakena S. K. Nangula, secondo cui è stato deciso d'inviare d'urgenza una missione speciale di osservazione che raccolga elementi di prima mano su quanto sta accadendo. Nangula ha poi sottolineato che l'Ua chiede il rispetto dell'unità e dell'integrità territoriale della Libia.

Ex ministro libico: fu Gheddafi a ordinare la strage di Lockerbie
L'ex ministro della giustizia libico ha detto a un giornale svedese di avere le prove che Muammar Gheddafi ordinò«personalmente» la strage di Lockerbie. Lo riporta SkyNews.
Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil si è dimesso lunedì per protesta contro l'uso eccessivo della violenza contro i manifestanti anti-governativi.

Proteste davanti all'ambasciata a Roma
«Gheddafi è un assassino, via il dittatore». Così in almeno un centinaio tra libici, nordafricani e italiani, hanno manifestato la propria ira nei confronti del colonnello davanti all'Ambasciata di Tripoli a Roma. Numerosi gli striscioni di condanna del «massacro perpetuato dal dittatore». E la rabbia dei manifestanti non risparmia neanche il governo italiano: «Vergogna Berlusconi, amico di Gheddafi». La manifestazione segna il terzo giorno di protesta di fronte alla sede diplomatica di via Nomentana. Oggi però i dimostranti si sono moltiplicati e in massa hanno chiesto un intervento dell'Occidente, in particolare dell'Italia, a favore del popolo libico. «I libici non scapperanno, sarà Gheddafi a scappare», scandiscono in coro i manifestanti esponendo una foto di un ragazzo decapitato a Tripoli nei giorni scorsi. «Ecco cosa fanno le armi di Gheddafi», recita la scritta sotto la terribile immagine. Tra libici c'è comunque pessimismo. «Il dittatore non andrà mai via senza spargere altro sangue. Ancora ieri un aereo inviato da Gheddafi sorvolava la città di Bengasi che è stata già liberata», sottolinea Aymir, libico originario dell'est del paese, in Italia da 25 anni.

L'ambasciatore italiano prudente
«Non posso confermare che ci siano stati bombardamenti o azioni di questo genere a Tripoli perché ce ne saremmo accorti. Ritengo che i titoli dei giornali siano stati perlomeno esagerati». Lo ha detto l'ambasciatore italiano a Tripoli, Vincenzo Schioppa, ai microfoni di Skytg24

Il Libano non fa atterrare la nuora del colonnello
Il Libano ha rifiutato l'autorizzazione all'atterraggio a un aereo privato libico con a bordo la moglie di uno dei figli di Muammar Gheddafi, Hannibal: lo hanno reso noto fonti della sicurezza di Beirut. La richiesta era stata avanzata da Tripoli nella notte, ma quando le autorità libiche hanno rifiutato di fornire la lista passeggeri il Ministero dei Trasporti libanese ha negato l'autorizzazione; secondo le fonti a bordo vi era Aline Skaff, moglie - di origine libanese - di Hannibal Gheddafi salito agli onori della cronaca per le violenze e i maltrattamenti a dei camerieri in Svizzera, che crearono una crisi diplomatica tra i due paesi. In Libano Gheddafi è oggetto di un odio particolare specie da parte della comunità sciita, che lo accusa di essere responsabile della morte dell'imam libanese Moussa Sadr, scomparso durante una visita in Libia nel 1978.

In mattinata si parlava di ordine ristabilito
Le ultime notizie ufficiali dalla Libia parlavano di ordine ristabilito. Ieri sera il presidente del parlamento aveva affermato ieri sera che la calma era stata «ristabilita nella maggior parte delle grandi città, dove le forze di sicurezza e dell'esercito hanno ripreso le loro posizioni». Non si hanno invece più notizie dell'ex ministro libico dell'Interno, Abdul Fattah Younis al Abidi, che seondo la Cnn, potrebbe essere stato rapito da una gang a Bengasi. Al Abidi aveva rassegnato le dimissioni per sostenere le manifestazioni di protesta contro il regime.

Caos negli aeroporti. Porti chiusi
La situazione all'aeroporto di Tripoli è caotica», con molti passeggeri che si battono per salire a bordo. Lo afferma il comandante di volo maltese Philip Apap Bologna, all'AFP, di ritorno dalla capitale libica dopo aver imbarcato alcuni compatrioti: «La confusione regna sovrana, perchè le forze di sicurezza libanesi non lasciano entrare nel terminal la gente che non dispone di un biglietto aereo». Un comunicato pubblicato sul suo sito web dal gruppo navale CMA CGM segnala invece la chiusura dei i porti.

L'Ue: le minacce di Gheddafi sono inaccettabili
La Commissione europea ha espresso una condanna unanime per l'uso della forza in Libia e ha affermato che «è inaccettabile che un leader minacci i propri cittadini». Lo ha riferito il portavoce della Commissione europea riportando la posizione del presidente Barroso e della rappresentante per la politica estera Ue Catherine Ashton. Nel pomeriggio nuovo incontro dei 27 per decidere eventuali sanzioni richieste da diversi stati membri fra cui la Francia e la Germania. L'Unione europea si è mobilitata per evacuare, nelle prossime ore e nei giorni a venire, i suoi 10.000 cittadini che ancora si trovano nel paese.

Anche Ahmadinejad si dice indignato. Sarkozy sospendere le relazioni con Tripoli
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è detto indignato per la repressione inimmaginabile e ha invitato i leader di tutti i paesi a tenere conto della volontà del loro popolo, in una dichiarazione trasmessa in diretta dalla televisione di stato. «È inimmaginabile che qualcuno uccida i suoi cittadini, bombardi i suoi cittadini», ha dichiarato. Dura la posizione del presidente francese Nicolas Sarkozy che ha chiesto l'immediata adozione di sanzioni concrete da parte Ue contro i responsabili della repressione e auspica la sospensione delle relazioni economiche e finanziarie contro Tripoli.

Gli ulema vogliono una Libia sovrana, indipendente con capitale Tripoli
La Rete dei liberi ulema, un'organizzazione di teologi e studiosi islamici, ha annunciato il suo «totale sostegno al nuovo governo libico», scaturito dalla rivoluzione del 17 febbraio, la giornata della collera indetta dai dissidenti anti-Gheddafi. La fonte ha precisato che «il nuovo governo» è stato approvato da tutti i giudici e gli avvocati nella Libia orientale (in mano ai rivoltosi) e chiedono «una Libia sovrana, indipendente con capitale Tripoli».

Continuano anche le defezioni eccellenti. Il direttore esecutivo della Fondazione Gheddafi, fondata dal secondogenito del leader libico, ha dato le dimissioni per protestare contro la repressione. Intanto il bilancio sulle violenze che hanno accompagnato la rivolta rilasciate da un portavoce del ministero dell'Interno parlano di 300 morti, di cui 189 civili e 111 militari mentre secondo altre fonti solo a Tripoli ci sarebbe stati più di mille vittime.

I rimpatri
Il dipartimento Stato americano ha inviato una nave in Libia per rimpatriare i cittadini americani. La nave attraccata al porto di Tripoli ripartirà nel pomeriggio per Malta. Anche
Pechino invierà un aereo e delle navi per evacuare i circa 30.000 cinesi (impiegati nel settore edile, in quello petrolifero e in quello delle telecomunicazioni) ancora presenti nel paese. Decine di cinesi sono rimasti feriti nelle violenze in corso e 15 di loro sono stati ricoverati, stando a quanto riferito da un portavoce dell'Ambasciata cinese in Libia. L' aereo della Air China lascerà oggi Pechino alla volta di Atene, in attesa di ricevere l'autorizzazione ad atterrare in Libia. La Cina cercherà di inviare anche «grandi navi da crociera e dei pullman che si trovano vicino» alla Libia. Anche Francia, Germania, Olanda, Gran Bretagna, hanno reso noto di avere inviato aerei e navi in Libia per rimpatriare i rispettivi cittadini. Circa 400 italiani (su un totale di circa 1.500 presenti) sono nel frattempo rientrati con voli di linea, mentre la Russia ha reso noto stamani l'intenzione di inviare un aereo per imbarcare 130 dipendenti della società ferroviaria Rzd e del gigante del gas Gazprom. In linea anche le mosse annunciate sempre stamani dalla Polonia (impegnata a fare rimpatriare 70 persone), Canada (500), Giordania (250), Portogallo e Austria.

Total sospende la produzione, Tronchetti si dimette dall'advisory council della Lybian Investment Authority
La compagnia petrolifera francese Total ha avviato la sospensione delle sue attività petrolifere. «È ancora troppo presto - spiega un portavoce della Total - per quantificare l'impatto sulla produzione. A causa dei recenti eventi la priorità è il rimpatrio dei familiari dei dipendenti, che è gia in corso».
A fronte dei tragici eventi che colpiscono la popolazione libica Marco Tronchetti Provera ha deciso di dimettersi dall'advisory council della Lybian Investment Authority. Il presidente di Pirelli era entrato nel comitato per gli investimenti del fondo sovrano libico nel marzo 2009.

Romani: nessun pericolo per la distribuzione del gas in Italia
Per il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani la situazione è ottimale. Lasciando il comitato di sicurezza che è riunito alla sede del Ministero ha affermato che non c'è nessun pericolo per la distribuzione del gas in Italia «il lavoro fatto in questi anni ci consente di dormire sonni assolutamente tranquilli».

Alle 15 question time da Montecitorio
Alle 15.00 si svolgerà il question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, risponderà ad una interrogazione sulle iniziative in relazione agli sviluppi della situazione in Libia.

Wikileaks svela le guerre intestine tra i figli per il controllo dell'impero finanziario
Secondo il quotidiano britannico Financial Times, che cita dispacci diplomatici americani rivelati da Wikileaks sarebbero in corso da nni «guerre intestine» tra i rampolli Gheddafi, maschi e femmine. Per i diplomatici americani, le liti sarebbero provocate soprattutto dall'attivismo sulla scena pubblica del secondogenito Seif al Islam. Con il titolo «Gheddafi Incorporated», diplomatici dell'ambasciata degli Stati Uniti a Tripoli affermano che il colonnello e la sua famiglia controllano una parte considerevole dell'economia nazionale e posseggono importanti partecipazioni nei settori del petrolio e del gas, nelle telecomunicazioni, nelle infrastrutture, negli alberghi, nei media e nella grande distribuzione.
In un dispaccio del 2006, i diplomatici americani in Libia spiegano che i figli di Gheddafi ricevono regolarmente redditi dalla società petrolifera nazionale, le cui esportazioni annuali ammontano a decine di miliardi di dollari. Il leader stesso ha investito nel 2009 16 milioni di euro in un complesso alberghiero all'Aquila.


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