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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2011 alle ore 08:52.
L'ultima modifica è del 04 marzo 2011 alle ore 07:57.

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Ora che il decreto sul federalismo municipale è andato a buon fine, la notizia non è che le Regioni si dichiarano a loro volta insoddisfatte delle proposte del governo. La mossa del presidente Vasco Errani era attesa, visto che sul riassetto del fisco regionale i problemi aperti sono numerosi. La vera notizia è che la Lega si è presa tutto il tempo necessario – e non da oggi – per trovare un compromesso. A costo di allungare la data di scadenza della legge delega. Il ministro Calderoli è noto come un tessitore instancabile e Bossi ha deciso che non s'interrompe una "storica battaglia", qual è l'attuazione del federalismo fiscale, a un passo dal traguardo.

L'abc del nuovo fisco municipale in 14 voci

Di conseguenza è ormai ovvio che non si voterà quest'anno per il nuovo Parlamento, considerando che la Lega era ed è il solo soggetto politico in grado di provocare l'interruzione della legislatura. Sotto questo aspetto l'immagine di Berlusconi alla Camera con il fazzoletto verde nel taschino resta emblematica. Rispecchia la felicità del premier per aver evitato il voto anticipato, ma regala una volta di più a Bossi quella centralità che di fatto i leghisti hanno saputo conquistarsi. In sostanza a Berlusconi interessa solo restare a Palazzo Chigi. E il patto con il Carroccio per la stabilità politica sembra funzionare. Il fatto poi che Gianfranco Fini rimarchi che «il vero premier è Bossi» – un argomento più volte usato in passato dall'opposizione – non lo disturba più di tanto. Quel che conta è che i 320 parlamentari (circa) di cui dispone la maggioranza a Montecitorio costituiscono una garanzia. Che siano anche in grado di lavorare con buoni risultati, al di là del federalismo, è tutto da verificare.

Di sicuro la crisi del Mediterraneo sposta l'attenzione verso la guerra civile in Libia e i rischi di esodi incontrollati; quindi ridisegna le priorità, permettendo al governo di ricostruire almeno in parte la propria immagine. E apre una dialettica di tipo nuovo nell'esecutivo. Chi è il ministro che gestisce la crisi: Frattini dagli Esteri, per conto di Berlusconi, o Maroni dall'Interno, a conferma del peso cruciale della Lega? Lo vedremo presto.

Quanto al centrosinistra, il prolungamento della legislatura è per il Pd soprattutto un'opportunità. Il voto immediato sarebbe stato per Bersani un'utile scorciatoia, come sempre accade quando si è trascinati da uno stato di necessità. Certi problemi, come quello delle alleanze, si sarebbero risolti da soli. Viceversa, un anno in più e magari due caricano l'opposizione di una responsabilità: quella d'impiegare bene il tempo e di modellare una credibile proposta. Si tratta in primo luogo di accordarsi sul profilo e sul nome del candidato premier. Così che il prescelto abbia un certo numero di mesi a disposizione per farsi conoscere e affermare una leadership.

Qualcuno ha letto in un ritrovato dinamismo di Romano Prodi la disponibilità a tornare sulla scena. In realtà è più verosimile che Prodi pensi al Quirinale nel 2013, quando scadrà il mandato di Napolitano. Per le elezioni è meglio che l'opposizione si dedichi a cercare l'intesa su un nome nuovo, la cui caratteristica dovrà essere di non appartenere al vecchio ceto politico. Carlo De Benedetti, in un'intervista a Die Zeit, ha insistito su Mario Monti, ex commissario europeo, ben conosciuto dai nostri partner dell'Unione. A Monti in realtà pensano in tanti, da D'Alema a Casini. Ma è necessario che si decida in fretta, senza sprecare anche questa occasione.

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