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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 08:03.

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Il rimpasto inizia dai ministri (Ansa)Il rimpasto inizia dai ministri (Ansa)

«C'è bisogno di sottosegretari come il pane». È il ministro della Difesa a rilanciare, sotto forma di allarme, il tema rimpasto. Riferisce di aver ricevuto dal premier il compito di «verificare con i ministri l'eventuale necessità di nuovi sottosegretari». E dopo aver compiuto una ricognizione, questo è lo stato dell'arte verificato da Ignazio La Russa: «Una parte mi ha detto che assolutamente non ne vuole in più, ma un'altra grossa parte mi ha detto che ne ha bisogno come il pane. Non dimentichiamo che ci sono ministri che non hanno nemmeno un sottosegretario».

Quelli rimasti all'asciutto sono il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (che ha perso Pasquale Viespoli dopo la scissione di Fli dal Pdl), quello dell'Agricoltura e quello dello Sviluppo che ne dispone di uno solo (Stefano Saglia).

Ma non è da qui che il premier intenderebbe partire. Silvio Berlusconi sembra intenzionato ad affrontare immediatamente un'altra emergenza: quella del vuoto che il ministro Sandro Bondi potrebbe lasciare ai Beni culturali se è vero, come si vocifera, che potrebbe rassegnare le dimissioni giovedì. A quel punto il premier sarebbe pronto a nominare al suo posto Giancarlo Galan e a offrire l'Agricoltura al "responsabile" Saverio Romano. A quel punto, la tornata verrebbe completata dalla nomina di Paolo Bonaiuti alle Politiche comunitarie "abbandonate" dal finiano Andrea Ronchi.

Per viceministri e sottosegretari, invece, il premier intenderebbe rimandare innanzitutto perché, in caso di superamento dei 60 componenti, occorrerebbe l'approvazione di un Ddl. E poi perché, ipotizzano in molti nel Pdl, la carta del rimpasto tornerebbe utile a ridosso di votazioni importanti come quella sul conflitto di attribuzioni sul caso Ruby. In pista, tra gli altri, ci sarebbero Anna Maria Bernini, indicata come prossimo viceministro alle Comunicazioni e il leghista Marco Reguzzoni in pole come sottosegretario sempre al ministero dello Sviluppo.

Ma c'è un'altra emergenza arrivata a complicare il quadro: è la tensione interna al Pdl sui progetti di restyling del partito. Il duello fra Claudio Scajola e Marcello Dell'Utri sul futuro assetto del Pdl – il primo pronto ad assumere un incarico di vertice, il secondo deciso a sostenere Verdini come coordinatore unico, non accenna a rientrare. «Lo stimo moltissimo, ma basta con Scajola – ha ripetuto ieri a Milano Dell'Utri –. È come se mi proponessi ancora io per la guida del partito. Non credo sia il caso, occorre andare avanti». Quanto al futuro del Pdl, l'idea del senatore è la seguente: «Tutte le case dopo anni si devono rinfrescare. L'architetto resta Berlusconi. Verdini? Farà il capomastro. Una figura importantissima, quella del direttore dei lavori. Il committente resta il più importante di tutti ma se non ha un realizzatore all'altezza può combinare poco». La parola quindi passa a Berlusconi che potrebbe riorganizzare il partito facendolo passare per una fase congressuale. Anche se nulla accadrà prima delle amministrative. «Il simbolo? – taglia corto il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri – alle comunali non cambia nulla, al massimo ci potrà essere sopra il nome del candidato».

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