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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 08:02.

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Alle amministrative la Lega sembra orientata a tenersi le mani libere. Scegliendo caso per caso. Qualche volta correndo con il Pdl e qualche volta, soprattutto nei piccoli comuni, correndo da sola. Senza incrinare l'alleanza con Berlusconi. Ma anche capitalizzando la sua forza (e la debolezza dell'alleato).

Bossi avrebbe espresso questo orientamento ieri sera al consiglio federale. Entro fine mese vanno predisposte le liste con cui i partiti si presenteranno alle amministrative di metà maggio. E, in via Bellerio, i vertici del Carroccio hanno iniziato a lavorare sulla questione del metodo: la parola d'ordine è pragmatismo.

Lo schema classico della cooperazione con lo storico alleato, che ieri sera ha ricevuto lo stato maggiore del Carroccio più Tremonti, resta valido. Ma senza esagerare. Anche perché le diverse posizioni interne al partito, che fanno del Carroccio un movimento con una dialettica fra "correnti" e colonnelli davvero da prima repubblica, sono però tutte accomunate dall'esigenza di ritrovare un profilo identitario forte, superando "l'annacquamento" costituzionale che negli ultimi tempi ha prodotto più di una spaccatura fra vertice e base. Una scelta di ritorno alla Lega dura e pura che è prima di tutto passata attraverso l'ordine a tutti i dirigenti di non rilasciare dichiarazioni ufficiali. Anche se, da quanto è trapelato dal consiglio di ieri, le prime linee guida del partito appaiono convergere sulla dichiarazione puntuta di Roberto Maroni, che sabato sera alla festa per i 25 anni della Lega di Bergamo, ha ricordato a Berlusconi «che lui non concede nulla, siamo noi a decidere se e dove correre con il Pdl e se e dove correre da soli». Un modo per non abbassare il prezzo di nulla: il mosaico è assai articolato, dato che le scelte per le amministrative si intrecciano in queste settimane con le nomine dentro alle grandi imprese a partecipazione statale.

Dunque, su questo tema specifico, la strategia è a scacchiera: dove conviene andare con il Pdl bene, dove invece andare da soli significa rafforzare la propria identità ancora meglio. E, così, tutte le volte che sarà possibile, valutando la forza delle singole sezioni e il peso dei propri rappresentanti sul territorio, nei piccoli centri la lista sarà del Carroccio e basta. Una linea che consentirà di trasmettere alla base una immagine di autonomia dai giochi nazionali. Anche se, come è spesso capitato nella storia del movimento di Bossi, la politica sarà, andreottianamente parlando, quella dei due forni e, nei grandi centri, non si disperderanno le forze.

La prima partita importante è quella di Milano. Dove la Lega dovrebbe confermare l'appoggio al sindaco uscente Letizia Moratti. Anche se, in questo caso, lo scambio politico è rilevante: Matteo Salvini, 37 anni, dovrebbe essere il suo vicesindaco. La seconda partita è quella di Torino, dove al sessantaduenne Piero Fassino il Pdl ha deciso di contrapporre il trentaseienne Michele Coppola, uomo di Enzo Ghigo e assessore alla cultura della giunta regionale di Roberto Cota, il quale dopo avere accarezzato l'idea di un candidato moderato con cui sparigliare i giochi ha scelto di convergere sull'emergente della destra piemontese.

Diversa la situazione a Varese, dove alcuni osservatori hanno sostenuto che la Lega potrebbe presentarsi da sola. In realtà, questo non dovrebbe succedere. È vero che il sindaco Attilio Fontana ha sviluppato, in virtù del suo ruolo nell'Anci, un profilo autonomo dalle vicende romane. Ma è altrettanto vero che non si capisce per quale ragione Bossi dovrebbe rischiare di perdere la sua roccaforte storica, rinunciando all'apporto del Pdl. Quindi, nonostante qualche mal di pancia, anche a Varese dovrebbe confermarsi l'asse Lega Nord-berlusconiani.

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