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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 06:44.

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C'è bisogno di dirlo? Siamo in Cina, il paese dove molte vicende all'apparenza sembrano qualcosa e in realtà sono altro. Si guardi, ad esempio, alla sessione plenaria del parlamento cinese in corso. All'apparenza è un rito stanco, paludato, ripetitivo che certo non riesce a strapparci alla noia o alle immagini di fuoco e fiamme delle cronache di altre parti del mondo. In realtà, dietro le quinte si sono aperti gli stati generali per la transizione politica più difficile e delicata, e forse anche più importante, del pianeta.
Nel 2012 andrà al potere la nuova dirigenza che guiderà la Cina fino al 2022 ma stavolta, diversamente dal 2002 o dal 1992, la successione non sarà condizionata da un uomo sopra gli altri, Deng Xiaoping. Stavolta sarà un compromesso o una serie di compromessi tra gruppi di quasi pari potere e influenza. L'ultima volta che la Cina visse qualcosa del genere fu nel 1976 alla morte di Mao. Allora finì con un colpo di stato e l'arresto della famigerata Banda dei Quattro, guidata dalla vedova di Mao, Jiang Qing.
Oggi le cose sono molto diverse, ma forse sono più incerte di allora. Tutto il mondo è alla fine coinvolto nella vicenda, perché visto il peso economico e politico della Cina la scelta dei suoi uomini avrà un impatto globale. Non ci sono dubbi sui due uomini chiave della vicenda, Xi Jinping e Li Keqiang, oggi rispettivamente vicepresidente e vicepremier vicario; nel 2012 dovrebbero diventare numero uno e due del partito, con le cariche probabili di presidente e premier. Certo anche un terzo membro del gruppo dirigente supremo, che si concentrerà nel politburo ristretto: ci sarà Li Yuanchao, capo del potente dipartimento organizzazione del partito.
Oltre costoro tutto è incerto, a cominciare da quante persone dovrà contare il Politburo e soprattutto come saranno scelti i componenti che comporranno il Politburo allargato e il Comitato centrale, cuore e polmoni della politica cinese.
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Oggi il politburo è composto di nove persone, il numero più grande storicamente di questo gruppo che in precedenza contava cinque o sette membri (sempre dispari per garantire una maggioranza in caso di voto).
Ma nove, si obietta, è un numero troppo grande per prendere decisioni veloci. Si era arrivati in realtà a questo numero nel 2002, quando il partito effettuò la sua prima transizione pacifica del potere dal vecchio presidente Jiang Zemin al suo successore, attuale presidente Hu Jintao.
Jiang in realtà ancora per due anni mantenne il posto di presidente della commissione militare centrale, massima leva del potere, e pur uscito dal politburo lo aveva riempito di uomini suoi e lo aveva allargato a nove membri (da sette) forse anche per garantirne un'inefficienza che avrebbe sottolineato il suo ruolo di arbitro.

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