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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2011 alle ore 08:49.
L'ultima modifica è del 09 marzo 2011 alle ore 06:44.

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Sono sfide da far tremare i polsi. Faccio fatica a credere che si riuscirà a evitare una ristrutturazione del debito in tutti questi paesi. Trovo imperdonabile che il precedente governo irlandese abbia garantito con tanta leggerezza i debiti delle banche, e che il resto dell'Unione europea abbia sostenuto questa decisione. È assolutamente sbagliato, per uno stato sovrano, distruggere il proprio credito per salvare i creditori delle proprie banche. E non migliora le cose - al contrario - il fatto che lo faccia per proteggere i sistemi finanziari di altri paesi.

Comunque sia, le ristrutturazioni del debito non rappresentano una minaccia mortale per l'euro. È il caso di ricordare che Grecia, Irlanda e Portogallo rappresentano solo il 6% del Pil della zona euro. La stessa Spagna rappresenta appena l'11%. E il debito pubblico in tutta Eurolandia ammonta solo all'84% del Pil, mentre il disavanzo è al 6%: una situazione, in tutti e due i casi, migliore di quella degli Stati Uniti.
La zona euro deve conseguire tre obiettivi: arrestare il panico sulla situazione delle banche e dei conti pubblici; aiutare i paesi in difficoltà a rimettere in sesto l'economia; creare un meccanismo in grado di prevenire crisi del genere in futuro. Da questo punto di vista Eurolandia ha un grande vantaggio (l'euforia da convergenza è finita) e un grande ostacolo (il fatto che alcuni stati membri si trovino in grandi difficoltà). Ci si può solo chiedere se le idee attualmente in discussione siano all'altezza di queste sfide.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
© THE FINANCIAL TIMES LIMITED 2011

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