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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 09:01.
L'ultima modifica è del 10 marzo 2011 alle ore 06:45.

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Qualcuno nel governo si era spinto a vederlo come il big bang (sic!) della ripresa. E per Silvio Berlusconi sarebbe stata la «frustata», la «scossa» per far ripartire il paese. Un mese dopo, del pacchetto presentato enfaticamente dal governo il 9 febbraio, resta il soffio impalpabile degli abissi iperuranici.

Chi ci aveva creduto poco fin dall'inizio era Giulio Tremonti. E questo giornale aveva guardato con disincanto a quel piano che sembrava nascere più dalla fervida immaginazione di qualche consigliere politico del premier, che da una approfondita messa a punto di testi di legge. Fatto sta che ieri anche l'ultimo tassello di quel pacchetto ha subìto un brusco stop: il decreto Calderoli sulle semplificazioni è stato infatti rinviato in attesa di tempi parlamentari migliori.
Bingo. Da subito il piano aveva perso il disegno di legge sulle liberalizzazioni del ministro Romani: dopo gli annunci, il consiglio dei ministri neppure lo aveva discusso. Il decreto incentivi è caduto poco dopo, per aver superato in parlamento i tempi previsti per esercitare la delega: si dovrà ripartire da zero.

Sulle semplificazioni, altro provvedimento molto atteso dalle imprese, il governo si era impegnato su una approvazione in tempi strettissimi. Niente da fare. Per oltre un mese tra i ministri si è discusso su come accelerare l'iter delle autorizzazioni per i nuovi stabilimenti o per adempiere alle normative ambientali, ma ieri Calderoli ha dovuto prendere atto della necessità del rinvio.
Resta in piedi solo il disegno di legge di riforma dell'articolo 41 della Costituzione per favorire la libertà di impresa. Ma non è esattamente la scossa immediata che chiedono le imprese e che serve al paese.
Adesso si guardi avanti. Al ministero dell'Economia si sta lavorando in queste settimane al piano delle riforme da presentare all'Europa e a un provvedimento unico per lo sviluppo da approvare tra maggio e giugno. È un lavoro serio. Le imprese aspettano finalmente misure concrete, non mondi iperuranici.

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