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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 11:08.
di Celestina Dominelli
Il Cdm ha approvato il ddl costituzionale di riforma della giustizia dopo che il guardasigilli Angelino Alfano ha illustrato ai suoi colleghi i contenuti del riassetto. Ieri il ministro era salito anche al Quirinale per sottoporre la riforma al capo dello stato, Giorgio Napolitano. Il premier Silvio Berlusconi non trattiene l'entusiasmo per il traguardo appena raggiunto che la maggioranza inseguiva dal 1994. «È un punto di svolta non è contro nessuno», ragiona il Cavaliere con i ministri provando così a smorzare le polemiche che si sono scatenate dopo le prime indiscrezioni sul riassetto, soprattutto nel pianeta giustizia dove i magistrati sono in allarme già da tempo.
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Avanti tutta, dunque. Poi il premier di fronte ai cronisti, subito dopo il Cdm, assicura di non essersi mai interessato alle altre leggi sulla giustizia (dal processo breve alle intercettazioni) e conferma che il lunedì sarà in aula per difendersi dai processi. «Questa volta mi prenderò la soddisfazione di essere processato nelle aule processuali - dice il premier -. Mi prenderò delle belle soddisfazioni e spiegherò agli italiani come sono le cose. Ho la pretesa di venire assolto nei processi, come è stato fatto tante altre volte». Poi il Cavaliere si leva qualche sassolino dalla scarpa. E, quando un cronista gli chiede cosa sarebbe successo se la riforma fosse stata approvata vent'anni fa, ecco la risposta di Berlusconi. «Probabilmente non ci sarebbe stata l'esondazione della magistratura, la sua invasione della politica e tutte quelle situazioni che hanno portato, per esempio, all'annullamento di un'intera classe dirigente nel '92; all'abbattimento di un governo nel '94; alla caduta di un governo di centrosinistra per le riforme prospettate dal ministro della giustizia mastella; al tentativo di eliminare per via giudiziaria il governo in carica».
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Alfano: obbligatorietà azione penale secondo legge
In conferenza stampa il guardasigilli ha quindi illustrato il riassetto e ha assicurato che la riforma «non si applicano ai procedimenti penali in corso». Il cardine sarà «nella divisione tra giudici e pm». La riforma, ha aggiunto Alfano, «pone al centro la parità tra accusa e difesa. È un impegno che abbiamo assunto con i cittadini. Ed è quello che stiamo ostenendo dal 1994». Il ministro ha quindi confermato le indiscrezioni della vigilia e cioè che i due Csm (per metà togati e per metà laici) saranno presieduti dal capo dello Stato (esce dunque l'iipotesi di un Csm dei pm guidato dal procuratore generale della Cassazione). Ribadito anche l'intervento sull'obbligatorietà dell'azione penale che sarà esercitata, ha spiegato ancora Alfano, «secondo i criteri stabiliti dalla legge» che spetterà al parlamento predisporre con l'elenco delle priorità.
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