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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 15:41.

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Fini apre sulla riforma ma bacchetta il premier: non c'è dittatura dei giudici. Casini al Pd: non vada sull'AventinoFini apre sulla riforma ma bacchetta il premier: non c'è dittatura dei giudici. Casini al Pd: non vada sull'Aventino

Certo non ha gradito l'ennesimo affondo di Berlusconi che ieri, in un messaggio ai promotori della libertà, è tornato ad attaccarlo. «È il solito ritornello, non mi va di polemizzare, cerca un capro espiatorio». E non gli è piaciuta nemmeno la citazione di Alexis De Tocqueville fatta dal premier. «Non c'è alcuna dittatura dei giudici». Ma il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non chiude la porta alla riforma della giustizia appena varata dal Consiglio dei ministri. Una cauta apertura, insomma, insieme alla promessa di una discussione in Parlamento «senza pregiudizi». Fini, però, non nasconde la dose di «diffidenza» che Fli si porterà dietro, ma riconosce che il testo del governo è tagliato su misura del Cavaliere.

Berlusconi difende ancora la riforma della giustizia: i pm cittadini come gli altri, se sbagliano devono pagare

Giusto sedersi al tavolo senza pregiudizi
Il leader di Fli ribadisce dunque le sue condizioni. Quindi si sofferma a lungo sul merito del provvedimento riconoscendo che il testo uscito dal Cdm «non è ad personam» (guarda l'Abc) a differenza invece del processo breve all'esame della commissione Giustizia di Montecitorio che contiene «una norma transitoria che agevolerebbe Berlusconi». Quindi, spiega Fini ai microfoni di Skytg24, «è giusto sedersi al tavolo, in Parlamento», «senza pregiudizi» ma «con diffidenza» perché «alcune questioni non sono chiare»: dalla fine dell'obbligatorietà dell'azione penale alla responsabilità dei magistrati. «Si discuta e vedremo di cosa si tratta». Per Fini infatti la «Costituzione non è intangibile può essere modificata ma non a di colpi maggioranza: occorre uno sforzo per arrivare a maggioranze condivise».

In Italia non c'è alcuna dittatura dei giudici
La cautela tuttavia per il presidente della Camera è d'obbligo: non gli sono piaciuti gli attacchi del premier, ma nemmeno le uscite con cui ha accompagnato la presentazione della riforma. Dalla citazione di Tocqueville sulla dittatura dei giudici («in Italia non c'è», ha osservato Fini) a quella su Tangentopoli che non ci sarebbe stata se la riforma di Berlusconi fosse stata in vigore. «Che significa? Che un sistema di corruzione non sarebbe stato svelato? È evidente che se per Tangentopoli si intende un sistema diffuso di corruzione, voglio trovare qualcuno che dica che sarebbe stato meglio tenerlo nascosto. Se invece si intende che alcuni imputati sono stati poi assolti questa è un'altra cosa". Infine il leader di Fli ha invitato il governo a non occuparsi solo di giustizia».

Il segretario del Pd: dialogo è parola fumosa
Insomma, Fini apre pur con tutta la prudenza del caso. E al Cavaliere apre anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, che già nei giorni scorsi aveva confermato la sua volontà di dialogare senza pregiudiziali sulla riforma della giustizia. Così il numero uno dei centristi ribadisce le sue intenzioni, mandando un messaggio anche al segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che stamane con una battuta aveva liquidato la possibilità di un confronto con la maggioranza sulla riforma. «Sento parlare di dialogo, ma dialogo è una parola fumosa e se devo fumare fumo il toscano. Io dico una cosa precisa e cioè che c'è il Parlamento, noi siamo lì e discutiamo lì».

Botta e risposta tra Casini e Bersani
Parole che, però, non sono piaciute a Casini. «È un errore - avverte - dare un alibi a Silvio Berlusconi. Se il premier vuole fare pasticci o approvare provvedimenti ad personam non possiamo togliergli le castagne dal fuoco, ma abbiamo il compito di andare a vedere cosa c'è nella riforma della giustizia». Poi torna su alcuni dei tasselli del riassetto. «Quando parliamo di responsabilità dei magistrati o di separazione delle carriere tanti italiani sono d'accordo. Anche per questo se il Pd prende cappello e va sull'Aventino commette un errore politico». Bersani risponde a stretto giro. «Noi non facciamo nessun Aventino: siamo in Parlamento e lì discutiamo. Casini ha la sua posizione, che mi pare molto legata al voler segnalare una disponibilità, purchè Berlusconi non vari nuove leggi ad personam: su questo, inviterei Casini ad aspettare qualche settimana».

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