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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 20:58.

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Il terremoto e lo tsunami di Sendai, con epicentro nell'area di Tohoku-Sanriku, con il passare delle ore si sta imponendo in tutta la sua drammaticità come il peggior disastro naturale nella storia del Giappone. Le stime sulle implicazioni economiche, finanziarie e sugli impatti della politica fiscale e monetaria del paese causate da questa catastrofe sono state elaborate questa domenica dagli operatori di mercato per anticipare l'apertura della Borsa di Tokyo e soprattutto per tentare di quantificare i danni anche in termini di andamento del Pil, dello yen e di rischio-stato. L'indice Nikkei 225 potrebbe aprire lunedì mattina con un calo del 2% (dopo il -1,7% registrato venerdì nei 14 minuti che sono passati tra la notizia del terremoto e la chiusura della seduta), stando ai traders, e scendere al di sotto della soglia di 10.000: in pochi pensano che il ribasso sarà violento al punto da sfondare la soglia di 9.000.

Lo yen dovrebbe rafforzarsi, per il rimpatrio dei capitali e vendita di assets posseduti dalle società all'estero per far cassa, mentre i prezzi dei titoli di stato giapponesi dovrebbero essere sostenuti dagli acquisti degli investitori in fuga verso la qualità. Proprio i JGB (Japanese government bond) potrebbero però in prospettiva registrare un aumento dei rendimenti nel momento in cui il governo dovrà avviare le misure di sostegno con fondi pubblici per la ricostruzione: attualmente i titoli di stato giapponesi a 10 anni hanno un rendimento attorno all'1,27%, tra i più bassi al mondo.

Per la Bank of America, il terremoto di Sendai non dovrebbe provocare una recessione. Stando agli analisti della Nomura Takahide Kiuchi e Kohei Okazaki, come è accaduto in passato per i terremoti in Giappone, anche in questo caso l'impatto negativo sul Pil sarà di breve periodo ma prevedibilmente sarà peggiore di quello causato da terremoto di Kobe. Sul medio-lungo termine la ricostruzione con denaro pubblico sosterrà la crescita ma "non si tratterà di una ripresa a V" questa volta, il recupero sarà piuttosto lento e una crescita economica robusta difficilmente si manifesterà prima dell'ultimo trimestre dell'anno. Il peggiore trimestre per contro dovrebbe essere quello di aprile-giugno.

Le incognite restano numerose per tracciare pronostici di carattere economico-finanziario, a cominciare dalla quantificazione del rischio collegato ai problemi delle centrali nucleari e del pericolo di radiazioni. Un altro aspetto che rende questa catastrofe diversa dai terremoti più forti nella storia del Giappone (Kobe nel 1995 al 7,3 della scala Richter e Great Kanto nel 1923 al 7,9 della scala Richter) è lo tsunami che ha devastato su un'enorme area la rete dei trasporti (strade, porti, aeroporti, reti ferroviarie), le infrastrutture (impianti elettrici ed idrici), con implicazioni negative ad ampio raggio sulla produttività dal lato dell'offerta: in un'area, quella colpita da terromoto e tsunami, che pesa sul Pil anche più di Kobe e che ha un'alta concentrazione di industrie dell'high tech. Per quanto riguarda la domanda, i consumi dopo un terremoto registrano immediatamente un freno.

Questo impatto negativo solitamente, sostengono gli esperti economisti di Nomura, è però di breve durata perché la ricostruzione – soprattutto alimentata da fondi pubblici - sostiene la ripresa economica con impatti positivi visibili nell'arco di due o al massimo tre trimestri: la ripresa quest'anno in Giappone doveva consolidarsi nel primo trimestre ma a causa del terremoto vi sarà uno slittamento al trimestre luglio-settembre o al più tardi in quello di ottobre-dicembre. Entro la fine dell'anno, l'economia nipponica dovrebbe tornare su un solido binario di crescita.

La quantificazione e i tempi del piano di sostegno pubblico rappresentano un'altra variabile molto importante nel valutare la capacità del Giappone di rispondere alla sfida di questo terremoto e dello tsunami senza precedenti. Nel caso del terremoto di Kobe, lo stato in tutto stanziò 3.200 miliardi di yen. Per questa catastrofe, gli aiuti pubblici rischiano di dover essere maggiori. All'epoca di Kobe, la Nomura ricorda che il governo impiegò 40 giorni per annunciare i primi interventi: un tempo che potrebbe essere confermato anche adesso, con misure governative e di politica monetaria rese note congiuntamente.

Se l'attuale governo dovesse annunciare un pacchetto di aiuti pubblici per la ricostruzione fino a 5.000 miliardi di yen, l'impatto sul Pil potrebbe rivelarsi tra lo 0,6% e l'1% senza considerare l'effetto-volano sulla crescita. Dalla Bank of Japan il mercato si aspetta, come promesso dal governatore in queste ore, iniezioni di liquidità importanti: il programma di acquisto di titoli potrebbe essere addirittura raddoppiato da 5.000 fino a 10.000 miliardi di yen. I tassi a breve termine, per contro, sono già attorno allo zero per cento. Infine per quanto riguarda lo yen, Bloomberg ha ricordato nella sua ricostruzione del rischio-paese che la valuta nipponica quest'anno si è svalutata contro 12 delle 16 monete più negoziate, con un calo del 4,8% contro l'euro e dello 0,9% contro il dollaro. Dopo il sonoro declassamento di S&P's, lo scorso mese anche Moody's ha iniziato a far scricchiolare l'affidabilità creditizia del Giappone modificando a negative le prospettive sul rating "Aa2".

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