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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 14:27.
Il medico pidiellino, Mario Pepe, che nel piccolo plotoncino è entrato tra gli ultimi ma già ne interpreta perfettamente gli umori, parla di «qualche aspirazioncella». Che, fuor di diplomazia, significa soprattutto una cosa: una poltrona per poter contare. Anche se poi i diretti interessati, i 29 responsabili arruolati dalla maggioranza per evitare il peggio, giurano e spergiurano che non vogliono incarichi ma un coinvolgimento concreto nelle decisioni assunte ai piani alti. Tanto che il navigatissimo ginecologo agopunturista Domenico Scilipoti la mette giù così. «Lunedì ci riuniremo e martedì definiremo il programma che sottoporremo al Pdl e alla Lega. Se dovessimo trovare un accordo su questo si andrà avanti col discorso sull'organigramma di governo».
Pressing dei responsabili ma la coperta del rimpasto è corta
Il punto è infatti sempre lo stesso: quel rimpasto più volte annunciato nei giorni scorsi dal premier Silvio Berlusconi e finora puntualmente rinviato. Vuoi per le perplessità del Quirinale su uno dei tasselli principali dell'allargamento (leggi Saverio Romano, su cui pesa qualche sospetto di contiguità con la mafia). Vuoi soprattutto perché la coperta è corta (per allargarla serve un decreto ad hoc stoppato dal Colle), e gli appetiti crescono ogni giorno. La lista degli aspiranti, suggeriti o autocandidati, si allunga e il Cavaliere non sa proprio come sbrogliare la matassa. Così, accanto ai nomi più o meno certi per la guida dei ministeri (Romano all'Agricoltura sempre che Giancarlo Galan voglia togliere il disturbo spostandosi ai Beni culturali e il fido Bonaiuti da spedire alle Politiche comunitarie), si è scatenato un vero assalto per i sottosegretariati. Perché bisogna saziare le richieste dei responsabili, tutti, nessuno escluso. Tanto che il loro capogruppo, Luciano Sardelli, lo ha detto chiaro e tondo al premier in una lettera spedita qualche giorno fa ribadendo che la nomina di Romano deve essere contestuale con quella dei sottosegretari che dovrebbero toccare al gruppo.
Dall'ex veltroniano al cacciatore di "tacchini"
Insomma, un posto per ogni corrente della mini-pattuglia. Così in pole position per un viceministero c'è Massimo Calearo, ex presidente di Federmeccanica, lanciato nel Pd da Walter Veltroni, poi folgorato da Rutelli e dall'Api e infine approdato tra i responsabili. Uno che, prima del voto di fiducia, arrivò a quantificare in 500mila euro il prezziario per il sì al governo Berlusconi. Salvo poi chiarire che «quelle cifre le hanno proposte ad altri. Comprarmi con 500 mila euro? Ma quando mai, uno come me vale almeno 5 milioni». Ora gli basterebbe un ufficio da vice al ministero dello Sviluppo economico. Francesco Pionati, ex volto noto del Tg1, passato dalla corte di Pierferdinando Casini a quella di Berlusconi, si acconterebbe invece di un sottosegretariato. Che il premier pare avergli promesso da tempo. Difficile però dire dove approderà il giornalista che "inseguiva" i suoi colleghi alla vigilia del B-day con queste parole. «Se vuoi sopravvivere il 14 dicembre pigia il bottone per Berlusconi altrimenti farai la fine del tacchino».
Dalla biondissima deputata lanciata da Fini a mister 84mila voti
Tra gli aspiranti sottosegretari, corrente ex Fli dentro i responsabili c'è poi la biondissima deputata Catia Polidori, l'imprenditrice umbra arrivata alla Camera grazie al suo impegno nella fondazione Farefuturo e a Gianfranco Fini. Che proprio a lei riservò l'onore di aprire, nella sua Perugia, la convention finiana di Bastia Umbra. Acqua passata perché la deputata si è lasciata alle spalle i suoi trascorsi futuristi, proprio come Bruno Cesario, che ha archiviato invece il suo rapporto con Rutelli (e prima ancora quello con il Pd). «Io gli ho fatto prendere per l'Api - disse un po' di tempo fa - 84mila voti in Campania». Passati con lui, garantisce, nella nuova avventura. «I voti me li riprendo, a lui lascio tutta la struttura politica che ho messo in piedi. Gratis è sua». Accorto e pure generoso l'onorevole Cesario che ora vorrebbe uno strapuntino al governo.Come Elio Belcastro che tra i responsabili rappresenta la corrente di Noi Sud, meridionalisti convinti fuggiti dall'Mpa di Raffaele Lombardo. Calabrese, classe 1954, già sindaco di Rizziconi, con un trascorso nel nuovo Psi, Belcastro è uomo pragmatico e di poche parole. «Siamo il Sud e ora vogliamo qualcosa di concreto», ha detto solo qualche settimana fa. E, come tutti gli altri, l'attende con ansia.
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