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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 15:13.

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Proteste contro il governo a Damasco. Marzo 25, 2011 (AP Photo/Muzaffar Salman)Proteste contro il governo a Damasco. Marzo 25, 2011 (AP Photo/Muzaffar Salman)

Il governo siriano verso le dimissioni. Lo ha anticipato la tv satellitare araba al Arabiya durante uno dei suoi notiziari. Secondo l'emittente, l'esecutivo in carica dovrebbe dimettersi martedì ed è imminente l'approvazione di una nuova legge sulla stampa riguardo la prevenzione della carcerazione dei giornalisti. Il regime, ha aggiunto la tv satellitare araba, modificherà inoltre l'articolo 8 del primo paragrafo della costituzione del Paese, che stabilisce che Baath è il partito guida della Siria.

Di certo c'è che la decisione di revocare lo stato di emergenza, in vigore nel Paese dal 1963, «è stata già presa». Ad annunciarlo Boussaina Shaabane, consigliere del presidente Bashar al-Assad. Le «fonti ufficiali» siriane citate da Al Arabiya, hanno precisato che la direzione del Baath ha deciso l'abrogazione della legislazione d'emergenza «non appena entrerà in vigore la legge per l'antiterrorismo in corso di elaborazione». Le leggi di emergenza, entrate in vigore subito dopo la presa di potere da parte del Baath nel marzo 1963, impongono restrizioni alla libertà di riunirsi e di spostarsi e consentono l'arresto di «sospetti o di persone che minacciano la sicurezza». Queste leggi permettono inoltre di interrogare, sorvegliare le comunicazioni ed effettuare controlli preliminari su quanto pubblicano i giornali e diffondono le radio e ogni altro mezzo di informazione. L'abrogazione della legge che conferisce poteri speciali alle forze di sicurezza è una delle richieste dei manifestanti che da giorni protestano contro il regime siriano. Iniziano poi a circolare anche voci su un cambio di governo. L'attuale esecutivo, come riferiscono «fonti governative» di Damasco citate dalla tv panaraba al Arabiya, è sul punto di dimettersi e se ne formerà un altro incaricato di servire meglio gli interessi dei cittadini.Mentre Hillary Clinton esclude un coinvolgimento degli Usa come quello in Libia.

Sono, però, dodici le vittime (dieci militari e due insorti) delle manifestazioni nella città costiera di Latakia a nord-ovest di Damasco. Ieri, alcuni cecchini hanno aperto il fuoco sui passanti uccidendo almeno quattro persone e ferendone altre 150. Proprio per questo l'esercito è intervenuto stamattina. «L'esercito è entrato a Latakia, a 350 chilometri a Nord-ovest di Damasco, per fermare distruzione e morti», riferisce il quotidiano al-Watan, vicino al potere, precisando che ieri due ufficiali delle forze di sicurezza sono stati uccisi e 70 soldati feriti. Ieri, un alto responsabile siriano, sotto copertura dell'anonimato, ha affermato che «cecchini hanno aperto il fuoco su passanti, uccidono due persone e ferendone altre due». «Decine di auto e negozi sono stati dati alle fiamme costringendo l'esercito a intervenire per riportare la sicurezza», aggiunge il giornale.

Arrestato un cittadino statunitense

Un cittadino statunitense, descritto dagli organi di informazione siriani come uno degli ispiratori delle proteste contro le autorità, è stato arrestato a Damasco. Lo hanno indicato organi di informazione ufficiali. Le autorità di Damasco hanno inoltre ritirato l'accredito a un corrispondente della Reuters in Siria, accusandolo di coprire in modo «falso e non professionale» gli eventi nel Paese. Lo ha annunciato l'agenzia britannica attraverso il suo sito internet. Lo statunitense arrestato, del quale non è stata rivelata l'identità, è presentato come un cittadino egiziano fornito di passaporto americano, che lavora in Siria e che ha visitato Israele in segreto. Il giovane avrebbe affermato di ricevere denaro dall'estero in cambio della trasmissione di immagini e di video che riguardano la Siria, secondo i mass media. Il giornalista Khaled Yacoub Oweis, a Damasco dal febbraio 2006, è stato invitato a lasciare la Siria ieri sera, ha indicato Reuters. Khaled Yacoub Oweis, un cittadino giordano, era il primo corrispondente straniero accreditato da Reuters a Damasco, ha precisato l'agenzia. Ha già lavorato a Baghdad, Beirut, Amman e Londra.

Le precisazioni di Israele e degli Usa

Dal canto suo, Israele ha fatto sapere di essere estraneo alle accese proteste popolari in corso da una settimana. Lo ha dichiarato il ministro per le retrovie Matan Vilnay commentando dichiarazioni siriane relative ad «interventi stranieri» nei disordini ed in particolare all'asserito invio in Siria di una forte quantità di messaggi Sms di carattere sobillatorio. «Noi non ci occupiamo di quale potere possa esserci oltre i nostri confini, non facciamo manipolazioni ... questa è una nostra politica costante» ha detto Vilnay alla radio militare. «È chiaro - ha aggiunto - che non siamo là », ossia che Israele non agisce dietro le quinte in Siria. Al tempo stesso Vilnay ha confermato che Israele segue con attenzione la situazione lungo i propri confini settentrionali, nella eventualità che i dirigenti siriani possano provocare frizioni per allentare la tensione interna. «In definitiva noi facciamo affidamento solo sulla nostra forza e sul nostro potere di deterrente» ha osservato Vilnay.
Secondo il ministro, la crisi in Siria potrebbe avere ripercussioni anche nella striscia di Gaza, visto che «i comandi generali di Hamas si trovano a Damasco sotto le ali protettive del presidente Bashar Assad». Al momento attuale Hamas a Gaza si trova a suo parere in difficoltà perchè «deve avere il sopravvento su organizzazioni che vogliono mostrarsi ancora più estremiste». Per il momento, ha concluso, «non c'è alcun cessate il fuoco» fra Israele e Hamas, ha concluso.

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