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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 15:13.

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Proteste contro il governo a Damasco. Marzo 25, 2011 (AP Photo/Muzaffar Salman)Proteste contro il governo a Damasco. Marzo 25, 2011 (AP Photo/Muzaffar Salman)

Anche il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha sottolineato che «la Siria sia un fatto molto importante. È la caduta di un regime che è stato in piedi mezzo secolo». E ha aggiunto il ministro: «Ho come l'impressione che non essendoci in Siria il petrolio la voglia di intervento sia più modesta che altrove».
Impressione suffragata anche dal governo statunitense. Non ci si deve aspettare adesso che gli Stati Uniti saranno coinvolti in Siria nella stessa misura in cui lo sono in Libia: ha riferito alla Cbs il segretario di Stato americano, Hillary Clinton.
Rispondendo alla domanda se ci si debba attendere un coinvolgimento americano in Siria, Hillary Clinton ha risposto: «No. Le manifestazioni e le tensioni in corso in diversi Paesi del Medio Oriente sono diverse tra loro, ognuna di queste situazioni è unica. Certamente noi deploriamo la violenza in Siria - ha detto -. Chiediamo a ciascuno di questi governi di rispondere alle domande dei loro popoli, di evitare il ricorso alla violenza, di consentire le manifestazioni pacifiche e di cominciare un processo di riforme politiche e economiche».
Per Hillary Clinton la situazione in Libia non è paragonabile a quella in Siria. Lo sarebbe nel caso in cui «ci fosse l'approvazione di una risoluzione internazionale, un appello alla comunità internazionale, una condanna universale anche da parte della Lega araba».
Ma così non è, anche se Hillary Clinton ha riconosciuto che «quanto successo (in Siria) nelle ultime settimane è fonte di profonda preoccupazione, ma c'è una grande differenza tra l'invio dell'aeronautica militare a bombardare la propria stessa gente, e azioni di polizia contro manifestazioni, per quanto l'uso della forza da parte della polizia possa essere eccessivo, come tutti noi abbiamo potuto vedere».

Scontri in Libano

Un siriano è rimasto ferito oggi a Beirut da un colpo di arma da fuoco sparato da ignoti durante una manifestazione in sostegno del regime di Bashar al Assad. Lo riferisce l'agenzia ufficiale libanese Nna. L'agenzia precisa che il cittadino siriano è stato raggiunto dal colpo di arma da fuoco sparato dall'interno di una vettura in movimento nel quartiere misto di Nabaa, a Beirut ovest. Nelle stesse ore, di fronte l'ambasciata siriana a Beirut centinaia di giovani anti-siriani si sono scontrati con rivali pro-siriani, fino a quando non è intervenuto l'esercito a separare i due schieramenti. Non si hanno notizie di feriti. La tv Al Manar del movimento sciita libanese Hezbollah, alleato dell'Iran e sostenuto dalla Siria, ha accusato esplicitamente «membri del partito al Mustaqbal», del premier sunnita uscente Saad Hariri, appoggiato invece dall'Arabia Saudita, di aver attaccato alcuni manifestanti siriani nel quartiere di Mazraa, tradizionale teatro di scontri a sfondo confessionale tra sunniti pro-Hariri e sciiti pro-Hezbollah.

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