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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2011 alle ore 16:42.

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Le truppe leali al presidente ivoriano Alassane Ouattara (Reuter)Le truppe leali al presidente ivoriano Alassane Ouattara (Reuter)

Da venerdì scorso ad Abidjan si stanno svolgendo i combattimenti più violenti che la Costa d'Avorio abbia mia conosciuto. I ribelli venuti da Nord, oggi uniti alle Forze repubblicane fedeli a Alassane Ouattara, vincitore delle ultime elezioni, stanno occupando poco a poco i punti nevralgici della capitale. Il presidente uscente Laurent Gbagbo, che rifiuta di lasciare il potere dalla sconfitta elettorale di fine novembre, è chiuso asserragliato nel suo palazzo presidenziale. Attorniato da quello che resta dell'esercito regolare e difeso, dice la tv di stato Rti, da uno scudo umano formato da circa 700 civili.

Nel quartiere chic di Coccody, a Nord della città, non lontano dalla residenza presidenziale, si stanno svolgendo i combattimenti più intensi. Gli Stati Uniti hanno chiesto alla missione militare francese Licorn e a quella dell'Onu (Onuci) di «agire per proteggere i civili e impedire altri massacri». Oggi il generale Philippe Mangou, a capo dell'esercito regolare, che qualche giorno fa si era rifugiato nell'ambasciata sudafricana con la sua famiglia, è tornato sui suoi passi ed è di nuovo nel pasalazzo presidenziale dove ha incontrato Gbagbo.

Le forze di Outtara stanno preparando l'offensiva finale ad Abidjan contro le truppe del presidente uscente Laurent Gbagbo. Le Nazioni Unite hanno intanto sollecitato un'indagine sul massacro avvenuto a Duekoue, nell'ovest del paese africano.
La situazione è «ormai matura» perché l'offensiva ad Abidjan delle forze del Presidente Alassane Ouattara «sia rapida», ha dichiarato all'emittente Tci il premier Guillaume Soro, precisando che «la strategia era circondare la città di Abidjan ed è quello che abbiamo fatto perfettamente».

«Centinaia di persone sono state massacrate» alla fine di marzo a Duekouè, nell'ovest della Costa d'Avorio, e «le violenze continuano», ha dichiarato ieri all'Afp a Parigi in una telefonata da Duekouè il direttore generale della Ong Action contre la Faim (Acf), Francois Danel. «Confermo che ci sono stati massacri di centinaia di persone a Duekouè» fra il 27 e il 29 marzo, ha precisato Danel, che si è recato ieri nella città. «Le violenze continuano», ha aggiunto, precisando tuttavia di non esserne testimone. Il direttore di Acf è uno dei primi responsabili di una Organizzazione non governativa occidentale a trovarsi a Duekouè. «Ho incontrato diverse persone - ha proseguito - le quali mi hanno detto che non sono decine, bensì centinaia, le persone massacrate». Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) aveva parlato di «almeno 800 morti» nella sola giornata del 29 marzo, mentre la Caritas aveva menzionato «un migliaio di morti o dispersi» a Duekouè fra il 27 e il 29 marzo. Secondo l'Onu, le stragi sono coincise con la presa di controllo della città da parte delle truppe di Alassane Ouattara, il presidente eletto riconosciuto dalla comunità internazionale.

La Francia oggi ha inviato altri 150 soldati ad Abidjan, la capitale economica della Costa d'Avorio, portando così a 1.650 il numero totale di suoi militari presenti nel Paese africano. Lo ha detto a Parigi lo Stato maggiore dell'esercito francese. I militari hanno preso il controllo dell'aeroporto di Abidjan per permettere - ha spiegato un portavoce - agli stranieri che vogliono lasciare il Paese di andarsene con voli speciali, organizzati per sostituire quelli di linea da giorni soppressi. Sono circa 170 le persone che sarebbero già partite. Virulenta la reazione di Gbagbo. I francesi, ha accusato, «agiscono come una forza di occupazione al di fuori di qualsiasi mandato delle Nazioni Unite».

Nessun esito hanno avuto, finora, le dure prese di posizione degli Stati Uniti che, attraverso il segretario di stato Hillary Clinton, hanno ingiunto a Gbagbo di ritirarsi «immediatamente» visto che il suo irrigidimento senza dialogo sta facendo precipitare il Paese «nell'anarchia». E neppure gli appelli del segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sono andati a buon fine, tant'è che i responsabili della missione Onu (Onuci) proprio oggi hanno deciso di trasferire il personale non essenziale da Abidjan, capitale economica del Paese, a Bouakè, seconda città per importanza e roccaforte di Ouattara, il vincitore delle elezioni dello scorso novembre, presidente riconosciuto dalla comunità internazionale. Uno spostamento «temporaneo» - è stato sottolineato - per evitare altri attacchi dopo quelli ripetuti degli ultimi giorni contro i caschi blu e gli uffici di Abidjan.

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