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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 15:55.

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Caso Ruby: dalla Camera ok al conflitto d'attribuzione con dodici voti di scarto. La protesta davanti alla Camera (Ansa)Caso Ruby: dalla Camera ok al conflitto d'attribuzione con dodici voti di scarto. La protesta davanti alla Camera (Ansa)

Ministri e sottosegretari al gran completo
Anche tra i banchi del governo si è registrato il tutto esaurito. Nell'Aula della Camera c'erano praticamente tutti i ministri tranne il presidente del Consiglio: sulla poltrona da lui solitamente occupata c'era Michela Vittoria Brambilla, seduta tra i colleghi Umberto Bossi e Franco Frattini. I banchi erano talmente pieni di ministri e sottosegretari che i ministri La Russa e Meloni non hanno trovato posto e hanno dovuto accomodarsi ai banchi da deputato. In aula è arrivato anche Alfredo Mantovano, che nei giorni scorsi ha annunciato le sue dimissioni da sottosegretario all'Interno, in polemica per la gestione dell'emergenza immigrati. Mantovano si è seduto, non ai banchi del governo, ma al tavolo dei relatori, come un semplice deputato.

Ovazione del Pd per l'intervento di Castagnetti
Nel corso delle dichiarazioni di voto non erano poi mancati i toni molto accesi. Come quelli usati da Pierluigi Castagnetti (Pd) che aveva puntato il dito contro la maggioranza. «State trasformando il Parlamento in un collegio difensivo allargato, questa è la violenza che stata perpetrando verso le istituzioni». Un intervento, il suo, accompagnato da una vera e propria ovazione dei colleghi di partito che al termine gli hanno tributato un lungo applauso. La decisione del centro-destra, aveva sottolineato Castagnetti, «è un provvedimento totalmente privo dei presupposti di legittimità. Non è vero che Berlusconi ha agito negli interessi dello Stato quando ha telefonato alla Questura di Milano o ha organizzato le serate ad Arcore: lì c'era tutto e di più tranne l'interesse dello Stato».

Consolo (Fli): no al conflitto per motivazioni giuridiche. Malumori tra i suoi colleghi
Voto contrario alla richiesta di conflitto anche da parte dei finiani. In aula a prendere la parola è Giuseppe Consolo secondo il quale il "no" di Fli arriva «alla luce delle norme della Costituzione che ritengono la Camera di appartenenza l'unico giudice naturale precostituito per legge» e dunque «insussistenti i presupposti per sollevare un conflitto di attribuzioni. Noi di Fli, prescindendo dalla gravità e dalla fondatezza dei reati contestati a Berlusconi e senza volere entrare nel merito, concentriamo l'attenzione sul diritto». Insomma, una opposizione motivata da «questioni giuridiche» che provoca però qualche malumore tra i suoi colleghi. «È un discorso contraddittorio e imbarazzante», si lascia andare qualcuno. Tranchant, poi, l'intervento di Antonio Di Pietro che ha accusato la maggioranza di «essere asservita a un padrone» e di essersi ridotta a votare sostenendo che «Ruby rubacuori sia stata creduta veramente la nipote di Mubarak».

Leone (Pdl): il comportamento dei giudici lede le prerogative della Camera
Dalla maggioranza era invece arrivato un sostegno compatto al Cavaliere. Per Antonio Leone del Pdl «il comportamento dei giudici di Milano lede le prerogative della Camera, che oggi siamo chiamati a difendere con forza». Mentre l'ex Fli, Silvano Moffa, uno dei leader dei Responsabili aveva posto l'accento sulle mancanze dei giudici milanesi. «Non capisco né lo scandalo né tanto clamore, non siamo chiamati ad esprimere giudizi morali sull'operato del presidente del Consiglio», ma a «reagire a una reale menomazione della potestà riconosciuta al Parlamento dall'articolo 96» visto che «i giudici di Milano hanno disatteso alle indicazioni della Camera ed è necessario reagire a una simile rottura della leale collaborazione tra i poteri». (Ce. Do.)

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