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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 08:00.
L'ultima modifica è del 05 aprile 2011 alle ore 10:23.

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Il miglior commento sono quegli indici di Borsa rimasti poco mossi durante tutta la giornata: segno della serenità con cui il mercato ha guardato ieri alle nomine (ormai scontate sin dalla mattina) nelle grandi aziende pubbliche. Oggi ci sarà una nuova verifica, ma la competenza dei nuovi vertici designati alla guida di quell'asset del Paese che sono Eni, Enel e Finmeccanica ha rassicurato Piazza Affari. Intendiamoci però: i compromessi non sono mancati e le ragioni della politica hanno pesato negativamente su alcune scelte, riguardanti in particolare i consiglieri.

A lmeno dietro la nomina di Giuseppe Orsi ad amministratore delegato di Finmeccanica, il peso della Lega si è sentito eccome. Così come il confronto tra Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia è stato a tratti muscolare in queste settimane, tanto da aver prodotto l'attesa lista solo all'ultimo giorno utile e non senza cattive sorprese tra i nomi dei componenti dei Cda. Una su tutte: la «responsabile» Siliquini alle Poste.
Nelle nomine di vertice, tuttavia, il criterio della competenza non è stato umiliato, come in altre occasioni, dalle logiche interne dei partiti. Le ipotesi più scabrose, che pure hanno avuto spazio nei giorni delle trattative, sono state per fortuna – o per responsabilità – accantonate. E questo patrimonio italiano (115 miliardi di capitalizzazione complessivamente) è stato sostanzialmente rispettato nella sua esigenza di competere sul mercato senza zavorre.

Anche la qualità delle scelte di vertice, però, dovrà essere testata nella realtà operativa di aziende che devono superare sfide strategiche da cui dipende non solo il loro destino, ma quello di un pezzo di Paese.
L'ingegner Orsi ha sicuramente dimostrato di essere un buon manager guidando Agusta Westland. È stato lui, tra l'altro, uno degli artefici della vendita degli elicotteri alla Casa Bianca. E questo è un biglietto da visita importante per accreditarsi al vertice di un gruppo che nella sua capacità di espandersi sul mercato americano si gioca una parte non trascurabile del suo futuro. Tuttavia non è un mistero che Pier Francesco Guarguaglini, nel rinunciare alla carica di amministratore delegato tenendo per sé quella di presidente, avrebbe preferito altri nomi sempre interni a Finmeccanica.

Ecco allora una compatibilità tutta da verificare. Finmeccanica è un colosso mondiale che opera in settori, come quello degli armamenti, che richiedono una compattezza e una unicità d'intenti al vertice fuori dal normale. È impensabile una diarchia che non si fondi su questi valori. In questo senso il confronto tra il vecchio ed esperto dominus di Finmeccanica e il più giovane manager, sostenuto dalla competenza ma anche dalla politica, può essere un elemento di fragilità. C'è da auspicare che l'esperienza degli uomini riduca al minimo questo potenziale conflitto. Ma una prima verifica sarà possibile solo tra qualche mese, quando si giocherà la partita delle deleghe. E qui, c'è da scommetterci, Guarguaglini vorrà giocarsi per intero la sua partita.

Il problema della convivenza al vertice tra amministratore delegato e presidente, del resto, è la vera incognita di queste nomine. In questi anni non ci sono mai stati dubbi su chi fosse realmente il capo-azienda. In Finmeccanica con il doppio incarico di Guarguaglini, in Eni ed Enel con un amministratore forte cui corrispondeva una presidenza più defilata.

Da domani non sarà più così. A parte il caso di Finmeccanica, infatti, anche in Eni ed Enel si prospetta un confronto più serrato. Alla presidenza arrivano manager generazionalmente più giovani e pronti a far pesare la propria visione e la propria competenza. Ma questo avviene in un quadro di compromesso. Con amministratori forti, che hanno guidato con personalità ed esperienza in questi anni le loro aziende. Immaginare sin da ora un conflitto sarebbe un dannoso esercizio di pessimismo. Ma è chiaro che qui non basterà il senso di responsabilità degli uomini chiamati a una collaborazione proficua: servirà una limpida messa a punto dei meccanismi di governance, in modo da creare una cornice di competenze condivisa e senza ambiguità.

È su questa scommessa che si gioca il successo delle nomine di ieri. Per vincerla – il Governo e i partiti ne siano ben consapevoli – sarà bene che la politica da ora in avanti lasci fare ai veri protagonisti di questa storia. Non ceda alla tentazione di appoggiarsi agli uni o agli altri nel tentativo di condizionare le scelte strategiche di questi grandi asset italiani. La sfida del cambiamento, che questi (relativamente) giovani manager oggi rappresentano, non sia avvilita domani da un ritorno dell'invadenza della politica. Il Sole 24 Ore vigilerà.

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