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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2011 alle ore 13:36.

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A venti giorni dall'inizio dell'operazione militare contro il regime libico autorizzato dalla risoluzione Onu 1973, Muammar Gheddafi sembra meno debole rispetto ai giorni scorsi. Sul fronte militare, la Nato oggi ammette che i raid mirati contro gli obiettivi del rais sono diventati «più difficili» a causa dell'uso di civili come scudi umani, in particolare a Misurata, città simbolo dei ribelli che in queste ore accusano i paesi dell'Alleanza Atlantica di averli abbandonati. Misurata appare sempre più il cuore della soluzione della crisi libica in un senso o nell'altro: la Nato non nasconde di considerarla una priorità. Sul fronte diplomatico, Gheddafi sottolinea il disimpegno americano nella missione affidando all'agenzia ufficiale Jana un succinto comunicato in cui fa sapere che ha inviato un messaggio al presidente Barack Obama «in seguito all'uscita dell'America dall'alleanza coloniale dei crociati contro la Libia». La Casa Bianca conferma la lettera del raiss ma sottolinea che adesso ci vogliono fatti e non parole.

I parenti di Gheddafi lasciano il paese ma i ribelli sono in difficoltà
Intanto alcuni parenti acquisiti diGheddafi si sarebbero recati a Djerba per partire oggi alla volta del Regno Unito e poi del Canada. Si tratta, secondo fonti tunisine ben informate, di otto parenti del marito di Aisha, figlia del leader libico, in particolare disuoi fratelli con le rispettive mogli.Il gruppo avrebbe raggiunto l'isola di Djerba, localitàturistica con un aeroporto internazionale, dopo averattraversato la frontiera tra Libia e Tunisia a Ras Jedir. Così avrebbero fatto nei giorni scorsi, sempre secondo le stessefonti, altri parenti non stretti di Gheddafi, partiti sabatoscorso per l'estero dall'aeroporto di Tunisi, dopo averpernottato in un residence della capitale.

Queste partenze non sembrano però legate alle difficoltà tattiche delle forze di Gheddafi che invece hanno costretto i ribelli a lasciare Brega e fuggire ad almeno 40 chilometri di distanza dal terminal petrolifero. Proprio il carburante sta diventando un problema in tutto il Paese: una fonte anonima vicina alla società nazionale del petrolio fa sapere che sono stati importati 19mila tonnellate di combustibile per far fronte alla penuria di benzina in Libia: il carico ha navigato in acque tunisine fino al porto di Zawiya, a ovest di Tripoli.

Intanto tra i ribelli aumenta la frustrazione perché nessun paese alleato ha ancora fornito le armi che le forze anti Gheddafi chiedono ormai da tempo e con più insistenza. Uno di loro, Hossam Ahmed, ha spiegato che si sta combattendo a 40-60 chilometri da Agedabia e ha insistito nel dire che quello dei rivoluzionari non è un ritiro definitivo. Un altro ribelle Khaled al-Obeidi, secondo le agenzie di stampa presenti sul posto, ha invocato i raid della coalizione Nato, accusando ancora una volta l'Alleanza di procedere troppo a rilento con le operazioni militari contro le truppe leali a Muammar Gheddafi.

Dopo un`altra settimana sotto i razzi di Gheddafi, l'accusa dei ribelli alla Nato è chiara. «Mi dispiace dirlo, la Nato ci ha deluso. Finora, non ci ha dato quello di cui abbiamo bisogno» ha detto il nuovo e sempre più potente leader dell`esercito rivoluzionario, il generale Abdul Fatah Yunis, incaricato di organizzare e formare militarmente i giovani miliziani volontari. Negli ultimi giorni la Nato ha limitato le sue operazioni al fronte est - bloccato da una settimana nei dintorni di Brega - e non interviene nell`ovest della Libia, dove varie località sono assediate dalle truppe governative: in primo luogo Misurata, dove le autorità ribelli assicurano che sta avendo luogo un «massacro».

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