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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 17:45.

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Mantovano ritira le dimissioni. Ma scoppia una nuova grana per Berlusconi: Miccichè minaccia di uscire dal gruppoMantovano ritira le dimissioni. Ma scoppia una nuova grana per Berlusconi: Miccichè minaccia di uscire dal gruppo

Che la rottura tra Silvio Berlusconi e l'ex sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano stesse volgendo al sereno lo si era capito sin dal termine della riunione convocata oggi pomeriggio dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Che aveva riunito il manipolo di parlamentari (15 deputati e 4-5 senatori) della sua corrente "Nuova Italia" per lanciare un avvertimento alla maggioranza. «È tutto risolto. Uscirà a breve un comunicato di Palazzo Chigi», aveva detto l'ex ministro Mario Landolfi lasciando la riunione. E così è stato. Mantovano ha ritirato le sue dimissioni (seguito a stretto giro anche dal sindaco di Manduria, Paolo Tomassino) dopo il comunicato diffuso poco fa dal premier in persona. Un messaggio stringato con cui Berlusconi aveva chiesto un passo indietro al parlamentare pugliese invitandolo «a entrare nell'unità di crisi al Viminale e nella cabina di regia presso la Conferenza unificata».

La promessa del premier: manterremo gli impegni assunti con i parlamentari pugliesi Insomma, un coinvolgimento ampio insieme alla promessa «che gli impegni assunti con lui e con i rappresentanti parlamentari della Puglia, a nome del Governo nei giorni scorsi, troveranno attuazione». Tradotto: il peso dell'ondata migratoria non sarà scaricato solo sul Sud. Come di fatto avevano chiesto qualche giorno fa, in una missiva inviata al Cavaliere, 62 parlamentari del meridione. Tutti schierati con l'ex sottosegretario. Che, dal canto suo, nell'annunciare il rientro nella compagine governativa, ha ringraziato il presidente del Consiglio «per la fiducia, per i delicati e impegnativi incarichi oggi conferitimi ai fini della gestione dell'emergenza immigrazione, e anche per l'affetto più volte manifestato in questi giorni, per me politicamente difficili».

L'uscita di Corsaro crea scompiglio nella maggioranza
Lo strappo della corrente di Alemanno, di cui Mantovano fa parte, pare dunque rientrato. Non il malcontento, però. Ma, in tempi di numeri risicati e con il processo breve da approvare, il Cavaliere non può certo correre il rischio di una mini-diaspora (venti parlamentari in tutto), che avrebbe messo in serio pericolo il destino del ddl tanto caro alla maggioranza. Per una vicenda che rientra, ne esplode poi subito un'altra. Ad accendere la miccia questa volta l'intervento in Aula del vicecapogruppo del Pdl, Massimo Corsaro, uomo del ministro La Russa. Che, nel difendere il processo breve, tira in ballo Aldo Moro, ma soprattutto i casi Ramella e Mattei, vittime di destra degli anni di piombo.

La minaccia di Miccichè: stanco dei fascisti, ancora per poco in questo gruppo
Un riferimento che scatena le proteste di diversi settori della maggioranza: dagli ex democristiani, come Emerenzio Barbieri e Mario Baccini, a Sergio Pizzolante, ex Psi. Tutti in rivolta contro Corsaro: «Tu non ci rappresenti», è il ritornello ripetuto da molti. Ma il più adirato è il sottosegretario Gianfranco Miccichè, anche lui alla guida di una significativa pattuglia parlamentare (una decina di teste tra Camera e Senato). «Corsaro in Aula ha detto di parlare a nome del gruppo, io mi dissocio. Io non sono mai stato fascista, non mi sento rappresentato. Purtroppo faccio parte di questo gruppo ma ancora per poco». Poi l'affondo contro il Pdl. «Io sono un pirata e i corsari non mi piacciono. Il problema non è Corsaro, purtroppo. Il partito ormai non esiste, è allo sfascio». Insomma, una nuova grana per il Cavaliere.

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