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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2011 alle ore 08:20.

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Pietro Ferrero (Lapresse)Pietro Ferrero (Lapresse)

di Nino Ciravegna
Il primo barattolo di Nutella, raccontano gli amici, l'aveva rubato a sei anni, come ritorsione contro la severa tutrice tedesca. Forse l'unico atto di protesta di una vita intensa, nel segno del dovere e della passione. Per la Nutella, per i dolci inventati a pieno ritmo, per le attività produttive.

E passione vera per la bicicletta: Pietro Ferrero amava le due ruote, quando poteva si ritagliava un'ora o, nei pochi week end liberi, una mezza giornata per fare un giro sulle colline delle Langhe, a volte scavallando le Alpi Marittime, fino a Savona. E sulla bicicletta è morto ieri, in Sud Africa. Le dinamiche dell'incidente sono tutte da chiarire, ma sembra che Pietro, 48 anni, sia stato colpito da un malore, forse un infarto. Proprio come suo nonno, Pietro anche lui, morto per un colpo al cuore a soli 51 anni.
Pietro aveva casa a Cape Town, era in Sud Africa con il papà, il signor Michele (così tutti chiamano il patriarca dell'azienda) che a 86 anni continua a occuparsi di tutto, e una trentina di dirigenti: il paese di Nelson Mandela sta diventando sempre più importante per il gruppo, il team Ferrero era lì per decidere su un impianto che sta per nascere alle porte di Johannesburg. L'ultimo allenamento gli è stato fatale.

Pietro era nato l'11 settembre 1963, dal 1997 era Ceo, con il fratello Giovanni (di un anno più giovane), della Ferrero International, holding lussemburghese del gruppo che conta 38 società operative, 18 stabilimenti e oltre 20 mila dipendenti in quattro continenti. Pietro, più chiuso e introverso, si occupava di prodotti e produzione. Giovanni, più estroverso, da Bruxelles gestisce marketing e promozione.

I fratelli, sotto l'attento occhio del signor Michele, l'inventore dei Rocher (sfornati al ritmo di 900 pezzi al minuto), degli ovetti Kinder e di tutti i prodotti che hanno fatto la fortuna del gruppo, avevano cominciato a frequentare stabilimenti e uffici fin da quando avevano 12 anni. Seguivano come un'ombra il signor Michele, ne imparavano la maniacalità riservata alle prove dei prodotti, alla scelta degli ingredienti. E a evitare in tutti i modi ogni contatto con la stampa o il jet set: vita riservata, portata alle estreme conseguenze. Cerimonia civile con pochissimi invitati quando si era sposato nel 2003 con Luisa Strumia, di Sommariva Bosco, una manciata di chilometri da Alba, cerimonia religiosa in un santuario mariano sulle alture di Montecarlo, con altrettanta riservatezza. Si erano presi una villa sulle colline di Alba, dalle parti di Altavilla, per poi trasferirsi a Montecarlo per le scuole dei figli (Michael, 4 anni, Marie Eder di 3 e John, un anno e mezzo). Pietro si divideva tra le due città, con l'elicottero o con auto potenti, altra vera passione.

Pietro si era laureato in biologia a Torino, dopo che nel 1975, nel pieno della stagione dei rapimenti, il papà aveva costretto i figli a trasferirsi a Bruxelles. Aveva cominciato fin da subito a occuparsi della parte produttiva, gestiva con attenzione, tra le altre cose, Soremartech, la subholding della famiglia proprietaria di tutti i brevetti del gruppo e vero e proprio centro di ricerca e sviluppo. E con il passare degli anni Pietro aveva sviluppato un interesse anche per la finanza, specializzazione guardata sempre con insofferenza dalla famiglia Ferrero. Passione per la finanza che lo aveva portato a entrare nel consiglio di amministrazione della Ras, nel consiglio consultivo di Deutsche Bank e, fino all'ottobre 2002, nel cda di Mediobanca. Tanta finanza, ma senza mai la tentazione di entrare in Borsa, vista come il fumo negli occhi dal signor Michele e tutta la famiglia, anche se la Ferrero è sempre citata come esempio virtuoso che farebbe un gran bene a Piazza Affari e ai risparmiatori.

La Ferrero negli ultimi mesi era entrata sotto i riflettori mediatici quando era stata tentata dalla cordata per il colosso Cadbury (finito nel nulla, si dice, per l'opposizione del signor Michele, mentre i figli sembravano tentati) e per Parmalat: in questo caso sembra che il patriarca fosse interessato per le possibili integrazioni di prodotti e di forniture della materia prima, mentre i figli avrebbero tentennato, preferendo la strada della crescita per sviluppo interno. E in entrambi i casi a mediare è stata, come sempre, la mamma Maria Franca, 70 anni, vero punto di sintesi della famiglia.
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ieri ha reso onore a Pietro definendolo «un imprenditore di valore e un uomo lungimirante. Non ci sono parole per esprimere il nostro dolore. Scompare uno tra i più grandi rappresentanti del capitalismo italiano. È una perdita grave per tutto il Paese».

Tantissime le dichiarazioni di cordoglio di politici e amministratori: secondo il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, «scompare un manager capace e un uomo di raro spessore. Mi stringo a nome di tutti i piemontesi intorno alla famiglia, simbolo di grande dedizione al lavoro e di grandi valori».

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