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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2011 alle ore 12:45.

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Ancora proteste in Siria, la polizia spara sui manifestanti: quattro morti (ANSA / NABIL MOUNZER)Ancora proteste in Siria, la polizia spara sui manifestanti: quattro morti (ANSA / NABIL MOUNZER)

Gli Stati Uniti stanno valutando delle sanzioni mirate contro i principali dirigenti siriani come rappresaglia per «l'uso deplorevole» della violenza nella repressione delle manifestazioni antigovernative, che solo oggi avrebbero provocato almeno 25 morti a Daraa, nel sud del Paese, durante le vaste operazioni militari condotte dall'esercito regolare di Damasco, secondo quanto riferito da testimoni oculari citati dalla tv al Arabiya.

La Siria, intanto, ha chiuso tutti i valichi alla frontiera meridionale con la Giordania, dopo che l'esercito ha sferrato l'offensiva contro i manifestanti. Fonti diplomatiche da Amman hanno riferito che i valichi di Daraa e Nassib sono stati chiusi al transito.

Testimoni oculari citati da Al Jazira e Al Arabiya affermano che intorno alle 6 di stamani centinaia di soldati, protetti da almeno otto carri armati e due mezzi blindati, hanno fatto irruzione a Daraa, circa 120 km a sud di Damasco, epicentro dal 18 marzo scorso delle proteste e teatro della violenta repressione del regime. Alcuni testimoni affermano di aver visto corpi nelle strade deserte che conducono al centro cittadino e alla piazza dell' antica moschea al Omari, luogo-simbolo dei raduni dei manifestanti e più volte trasformata in un ospedale da campo. Attivisti riferiscono di aver visto cecchini appostati sui tetti e agenti dei servizi di sicurezza sparare in maniera indiscriminata mentre i blindati entravano nella cittadina. I testimoni riferiscono della morte di almeno cinque residenti.

Secondo altri testimoni, le operazioni militari hanno coinvolto stamani i villaggi vicini a Daraa: Enkhel, Nawa, Jassem e Izraa, teatro nei giorni scorsi dell'uccisione - sempre secondo attivisti - di decine di civili che intendevano partecipare ai funerali di «martiri».

Gran parte dei giornalisti stranieri sono stati espulsi dal Paese ed è impossibile verificare l'esattezza delle informazioni. Numerosi video amatoriali pubblicati nelle ultime ore su YouTube mostrano scene di decine di «soldati siriani», «nelle campagne di Daraa», dispiegarsi e aprire il fuoco contro civili.

Analoghe operazioni militari e di sicurezza sono in corso - secondo attivisti - anche a Duma e Muadamiye, sobborghi a nord della capitale, dove «le squadre di lealisti» hanno condotto «arresti indiscriminati» all'interno delle abitazioni di sospetti organizzatori delle proteste.

Intanto stamani, un centinaio di scrittori, giornalisti e intellettuali siriani hanno firmato una dichiarazione in cui condannano «le pratiche oppressive e violente del regime contro i partecipanti ai funerali dei martiri della sollevazione popolare». In giornata si è levata anche la voce dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, che ha chiesto «l'arresto immediato degli omicidi in Siria», giudicando «inaccettabile» la «reazione irregolare e violenta» del governo siriano di fronte a «manifestazioni pacifiche». «Le forze di sicurezza devono immediatamente interrompere gli spari contro i manifestanti», ha sottolineato Pillay in un comunicato. «Il Governo ha l'obbligo internazionale di proteggere i manifestanti pacifici e il diritto di manifestare
pacificamente», ha aggiunto. Dall'inizio delle proteste a metà del marzo scorso, secondo attivisti sono stati uccisi in Siria quasi 400 persone, oltre 120 delle quali morte tra venerdì e sabato scorsi.

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