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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2011 alle ore 06:38.

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L'aumento di capitale da 5 miliardi è stato in parte una sorpresa, visto che a più riprese e fino a poche settimane prima della presentazione del piano avevate escluso ogni indiscrezione. Cosa vi ha fatto cambiare idea?
Passera. Fino a oggi eravamo rimasti l'unica grande banca credo al mondo a non aver chiesto soldi né agli azionisti né al pubblico per superare la crisi finanziaria. Questo resta comunque un primato del quale in passato ci siamo più volte vantati, così come più volte abbiamo in effetti sottolineato di avere le capacità di raggiungere nel tempo i livelli di patrimonializzazione previsti da Basilea 3.
Quando però abbiamo ricevuto da parte dei nostri regolatori e in parte anche dal mercato stesso il messaggio chiaro che i nuovi livelli dovevano essere raggiunti più velocemente di quanto si pensava abbiamo modificato la nostra idea. Abbiamo quindi deciso di corredare il nostro piano di impresa con un aumento di capitale in modo da arrivare fin da subito a quello che consideriamo essere il "new normal", il famoso 10% di common equity.
Quest'operazione si trasformerà in un vantaggio competitivo, perché effettuare un aumento di capitale vuol dire anche avere a disposizione maggiori risorse per crescere, ridurre il costo della raccolta a medio periodo e avere la possibilità di guardare a operazioni straordinarie con maggiore flessibilità.

Gli azionisti del Credit Agricole hanno detto che valuteranno se partecipare o meno all'aumento di capitale. Vi fa piacere la loro eventuale sottoscrizione o temete che l'adesione possa riaprire tensioni con l'antitrust italiana che sono state di recente risolte?
Passera. Credit Agricole valuterà come comportarsi con l'aumento di capitale, se e quando aderire oppure se vendere i diritti. I loro rapporti con l'Antitrust sono ben noti. Noi siamo felici di averli come azionisti finanziari e non abbiamo né opinioni, né richieste da fare sul tema.

Le tensioni a livello internazionale sono ancora elevate e lo dimostrano i tassi dei titoli di stato greci, che superano il 23%. Al tempo stesso la Banca d'Italia mostra preoccupazione per l'andamento delle sofferenze degli istituti di credito. Alla luce di queste considerazioni non pensate che il vostro piano si basi su ipotesi troppo ottimiste?
Passera. Non ci sembra di aver particolarmente ecceduto in ottimismo: certo non ci aspettiamo una ricaduta in recessione per l'economia italiana ed europea, non un double dip, ma partiamo per l'Italia da ipotesi di ripresa modesta pari allo 0,8-0,9% annuo. Anche un'inflazione media all'1,6-1,7% nei prossimi 3-5 anni e tassi Bce al 2,5% a fine 2013 non sembrano francamente previsioni particolarmente ottimiste. Questo scenario potrebbe essere anche migliore: se soltanto ci si basasse su previsioni più in linea con quelle dei principali istituti di ricerca i nostri ricavi potrebbero crescere ulteriormente di 1-1,5 miliardi di euro. In più non abbiamo considerato il miglioramento del costo del funding, che già vediamo, né le possibili azioni straordinarie.

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