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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2011 alle ore 08:39.

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Messi festeggia dopo il gol (AP)Messi festeggia dopo il gol (AP)

Saranno anche simpatici, ci faranno pure divertire, ma, con i presupposti che si sono creati nelle ore precedenti al ‘clasico' l'unica certezza che avevamo era che la partita tra Real Madrid e Barcellona non sarebbe finita 11 contro 11. Mourinho e Guardiola si sono presentati caricati a molla dalle reciproche dichiarazioni della vigilia e i giocatori le hanno somatizzate.

Così, più che una gara di alto livello tecnico e tattico, come si addice a due formazioni così blasonate, abbiamo assistito a una sorta di corrida ‘tutti contro tutti'. Detto questo, guarda caso, la differenza, dopo un primo tempo quasi soporifero, la fa la marcia in più del Pallone d'Oro. La sensazione, dopo i primi 45' è che probabilmente il Real avrebbe ceduto anche a parità di uomini.

In un primo tempo poco più tattico che spettacolare, il Barca ha come sempre messo in mostra il suo proverbiale possesso palla che a tratti è parso una sorta di anestetico da somministrare ai blancos per poter piazzare la zampata letale una volta sfiancata a dovere la preda. Real senza lo squalificato Carvalho e con il neo papà Kaka in panchina, Barcellona con una difesa reinventata e senza un esterno sinistro di ruolo anche se Puyol come sempre è una garanzia anche come tappabuchi. Sostanziale differenza la fa anche lo stato di forma dei due fuoriclasse.

Impalpabile e a tratti arrogante Cristiano Ronaldo soprattutto sui calci da fermo. Imprendibile Messi una volta sfruttata da parte dei suoi la superiorità numerica. Detto di un primo tempo senza troppe emozioni (se si escludono una respinta di Casillas su destro diu Xavi e l'attacco finale del Real con una conclusione dalla media distanza di Cristiano Ronaldo, ribattuto in qualche modo da Victor Valdes e una successiva unghiata di Ozil) la ripresa comincia con grande nervosismo.

Il Real, dopo essersi preoccupato di non prenderle per buona parte dei minuti giocati, commette qualche fallo di frustrazione di troppo e i blaugrana esagerano nell'accentuare i contrasti. Se ne ricava un accenno di rissa ogni 3 minuti circa. Al 61' l'episodio che cambia faccia alla partita proprio nel momento in cui il Real sembra aver trovato il verso per aggredire gli uomini di Guardiola pur non pressandoli e concedendo molto.

Per provare a rivitalizzare il suo attacco Mou si ripresenta in campo con Adebajor al posto di Ozil. Pepe, schierato a centrocampo dal tecnico portoghese, mette il piede a martello sulla caviglia di Dani Alves. Per Stark è intervento proditorio che merita il rosso diretto. Poco importa se una volta allontanato il portoghese, di scatto si rialza il brasiliano del Barca tra i fischi del Bernabeu. Mourinho, già nervoso alla vigilia, applaude ironicamente e platealmente il direttore di gara e segue il suo connazionale negli spogliatoi.

A fine partita sarà polemica feroce contro la classe arbitrale per la presunta sudditanza psicologica nei confronti del Barcellona. Parole dure che potrebbero costare all'ex allenatore dell'Inter una lunga squalifica. Il Real prova comunque a lottare, anche in dieci, ma Guardiola azzecca la mossa vincente togliendo l'impalpabile Pedro per inserire Afellay che 5' più tardi mette a frutto tutto il suo talento costruendo una strepitosa palla per Messi, uncinata alla grande a due metri da Casillas. Il ‘clasico' è ormai in discesa per il Barca.

Dal cilindro della ‘pulce' esce l'azione che sega definitivamente le gambe e probabilmente la Champions al Real. Quattro maglie bianche provano a stringersi intorno all'imprendibile Messi che riesce a saltarle e a concludere di destro alle spalle del campione del mondo spagnolo. Al di là della possibile rimonta di martedì prossimo al Camp Nou, il vero perdente della sfida è Josè Mourinho. Nervi poco saldi, squadra troppo ‘piccola'. Ci sarebbe voluto ben altro Real per accampare sogni di grandezza frantumati al cospetto di un Barcellona non nel suo massimo splendore ma comunque più reattivo e concreto.

La finale di Wembley è certamente più vicina per Guardiola. Ad attenderlo ci sarà verosimilmente Fergusson con il suo Manchester che, dopo il 2-0 di Gelsenkirchen, non dovrebbe incontrare particolari difficoltà nella gara di ritorno all'Old Trafford, contro uno Schalke evidentemente capace di miracoli solo contro l'Inter. In caso di finale annunciata si ripeterebbe l'abbinamento di Roma nel 2009 quando furono gli inglesi ad alzare al cielo la coppa con le orecchie.

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