Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2011 alle ore 08:15.
L'ultima modifica è del 28 aprile 2011 alle ore 08:10.

My24

Se si pensa alla finanza si pensa alle imprese. Raramente il pensiero corre alle famiglie. Ma nel trascorso decennio è avvenuta una mezza rivoluzione che ha ribaltato questa credenza. Oggi lo stock dei mutui ipotecari in Italia è della stessa entità dei prestiti a medio e lungo termine erogati alle imprese; negli Stati Uniti - Paese che fissa la tendenza - già eccede il volume del debito corporate. Da noi il mercato del credito al consumo è più grande dell'industria di private equity e vi sono più sportelli bancari che pizzerie.


Le famiglie sono diventate i migliori generatori di profitto per gli intermediari sia quando investono i loro risparmi sia quando prendono un prestito personale. L'interazione con i mercati e gli intermediari finanziari è diventata così intensa che tra un prelievo al bancomat, l'addebito automatico di una bolletta, la consultazione online dei propri investimenti, il ritiro di un libretto di assegni, un pagamento con carta di credito, l'investimento di qualche risparmio, la richiesta di un nuovo prestito o il pagamento della rata di uno già in essere, forse non passa giornata che una famiglia non abbia a che fare con il mercato finanziario.


Questi servizi sono ovviamente di grande aiuto alle persone perché fanno risparmiare loro del tempo, offrono migliori opportunità di investimento e permettono di ottenere liquidità quando è necessaria e quindi il loro sviluppo va sostenuto. Ma celano insidie non presenti nel mondo della finanza corporate. La complessità delle transazioni, degli strumenti e dei contratti sottostanti è cresciuta di pari passo con l'intensità delle relazioni tra famiglie e finanza. Invece la capacità di capire questi strumenti non è migliorata in parallelo. In un'indagine della Banca d'Italia solo la metà delle famiglie dice che se detiene un fondo azionario e la Borsa crolla diventa più povera, le altre o non sanno rispondere o pensano di diventare più ricche. Solo un quarto indovina che se investe mille euro in un conto corrente al 2% senza costi alla fine dell'anno disporrà di 1.020 euro. La metà delle famiglie non riesce a riconoscere il saldo del conto corrente quando gli viene mostrato un estratto conto.


Eppure quasi tutte le famiglie hanno un conto corrente e degli investimenti e molte un mutuo. Tra quelle che non sanno leggere l'estratto conto, il 13% ha investimenti in obbligazioni o in fondi o in azioni, e forse c'è da chiedersi come mai.

Ciò che rende le famiglie diverse dalle imprese - e quindi la finanza famigliare distinta - non è il fatto che un imprenditore ne sa di finanza più di un capofamiglia, anche se verosimilmente è così. La vera differenza è che mentre l'impresa ha una scala sufficiente per permettersi di assumere un esperto o perfino dotarsi di un ufficio finanza, la stragrande maggioranza delle famiglie non possono e devono cavarsela da sole. Questo le rende facili prede di cattivi consiglieri o di intermediari interessati in primis ai propri profitti e in subordine agli interessi dell'investitore/cliente.

Come ridurre il rischio che ciò accada? Molti Paesi hanno iniziato ad affrontare questo problema complesso spinti a reagire anche dagli abusi emersi durante la crisi finanziaria.

Nel 2010 gli Stati Uniti hanno creato un'apposita agenzia - il Consumer Financial Protection Bureau - con la specifica missione di vigilare sui mercati per i servizi finanziari alle famiglie, per metterli al servizio di queste ultime ogni volta che vi fanno ricorso.
Ma poiché la prima (e forse migliore) linea di difesa da abusi e da errori è un individuo informato, per il lungo periodo il Tesoro ha in cantiere un vasto programma di educazione finanziaria da varare nelle scuole e nei posti di lavoro.

In Italia, a parte gli utili interventi della Banca d'Italia per rendere più comprensibile l'informazione che gli intermediari distribuiscono ai clienti e per regolare i conflitti di interesse, manca una strategia per affrontare la questione in modo durevole.
Questo è un buon momento per agire. Oggi i risparmiatori sono attenti e interessati a conoscere perché - ancora impauriti dall'esperienza della crisi - percepiscono meglio i benefici della preparazione finanziaria e di interventi a loro protezione. Gli intermediari, anche per i residui sensi di colpa accumulati nella crisi, offrono minor resistenza a interventi regolamentari e molti hanno interesse a confrontarsi con clienti più preparati.

Il ministro dell'Economia conserva ancora il famoso barattolo di pomodori Cirio che nel lontano 2003 egli adottò come promemoria del suo impegno in difesa del risparmiatore. È ora di riesumarlo prima che metta la ruggine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi