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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2011 alle ore 13:37.

Mezzogiorno e disoccupazione soprattutto giovanile (due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni fuori da ogni tipo di occupazione) e disavanzo pubblico. Giorgio Napolitano indica le priorità dell'azione politica e lancia un nuovo richiamo alla "coesione" sia in Parlamento sia tra le forze sociali. Nel farlo lamenta che i suoi appelli siano accolti quasi con fastidio o «ipocrisia istituzionale».
Poi rivolto alle organizzazioni sindacali, rilancia: «Permettetemi di esprimervi preoccupazione crescente dinanzi al tradursi di contrasti che tra voi possono sempre sorgere e di motivi di competizione, che non debbono stupire, in contrapposizioni di principio, in reciproche animosità e diffidenze, in irriducibili ostilità».
Una priorità il pareggio di bilancio
Festeggiando al Quirinale il primo maggio, il capo dello Stato ha sottolineato come bisogna intervenire «sulle cause strutturali di ritardo della nostra economia», perseguendo «obiettivi obbligati e ardui» come il pareggio del bilancio nel 2014. C'è poi il problema occupazione (secondo l'Istat nella media del 2010 in Italia sono stati persi 533mila posti di lavoro). «Oggi l'Italia è più che mai una Repubblica fondata sul lavoro e deve tentare di esserlo di più e non di meno». Lo sviluppo economico e la stessa tenuta civile e democratica del Paese, ha detto ancora Napolitano, «passano attraverso un deciso elevamento dei tassi di attività e di occupazione».
Sacconi: sul precariato basta retorica
Monito condiviso dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi: «Un Paese lungimirante non si attarda in dibattiti spesso retorici sul precariato. Progetta invece, giorno per giorno, percorsi di istruzione e formazione accessibili a tutti e coerenti con le esigenze del sistema produttivo». Bisogna invece creare «prospettive di stabilità occupazionale puntando sulle competenze e sui meriti più che su rigidità di legge e di contrasto» ha rilanciato il ministro, «ed è con questi obiettivi che abbiamo voluto procedere alla riforma dell'apprendistato facendone lo strumento tipico dell'ingresso sul mercato del lavoro».
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