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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 16:47.

La risposta di Gianfranco Fini e Renato Schifani al richiamo del Colle è affidata a una nota ufficiale che rimanda qualsiasi decisione alle rispettive capigruppo da convocarsi subito dopo il voto. Di più non dicono, lasciando aperto il nodo su quale sarà lo strumento attraverso cui il Parlamento risponderà alla richiesta di Napolitano. Se sarà fiducia o meno, insomma, è ancora presto per dirlo. Ma intanto al Colle arrivano le scuse di Umberto Bossi che ieri aveva solidarizzato con il premier considerando non necessario un altro voto delle Camere. «Diciamo che riflettendoci sopra devo chiedere scusa al presidente Napolitano sulla faccenda dei sottosegretari, perché ha ragione visto che ci sono tra i nuovi alcuni che avevano votato contro il Governo».
Il Pdl frena. Calderoli: non vedo motivi di paura
Dal Pdl, però, ribadiscono che un nuovo passaggio non è necessario. Così Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato, ripete, pur nel rispetto della richiesta del Colle, «che ci sono stati numerosi voti di fiducia che hanno verificato in Parlamento l'esistenza di una solida maggioranza a sostegno del governo». Mentre Roberto Calderoli, intervenuto prima di Bossi, è di tutt'altro avviso. «Non vedo motivi di paura per un voto di fiducia, quando si ha una squadra vicente si affronta la partita senza timori e, oltretutto, certe cose non dovremmo neppure arrivare a farcele chiedere dal presidente Napolitano».
Verdini tranchant: sbagliato il richiamo del Colle
Insomma, per il Pdl le nomine fatte da Berlusconi «sono pienamente legittime» e non serve tornare di nuovo davanti alle Camere. Anzi Denis Verdini, potente coordinatore del partito del Cavaliere, si spinge perfino oltre giudicando «sbagliato» il richiamo del Quirinale. «Coloro che sono passati in maggioranza hanno votato tutti la fiducia, quindi mi sembra strano. E faccio notare anche che dei nove nuovi sottosegretari sei sono stati eletti col Pdl». Come dire: se anche ci fosse una nuova fiducia i numeri confermerebbero la maggioranza esistente.
Verso una mozione di maggioranza da far votare alle Camere
Eppure la parola «fiducia» sembra quasi far venire l'orticaria ai vertici del partito. «La verità - racconta un berlusconiano al Sole 24ore.com sotto promessa di anonimato - è che la nota di Napolitano è stata vista come un atto di lesa maestà e ha scatenato la gara a chi difendeva meglio il Cavaliere. E invece il capo dello Stato ci ha fatto involontariamente un favore ricompattandoci dopo le fibrillazioni seguite al rimpasto». Come finirà allora? «Con molta probabiltà si arriverà a una mozione della maggioranza da sottoporre al voto delle Camere: un documento in cui si ribadisce l'impegno del governo e si chiede al Parlamento di approvarlo». Se sarà una vera fiducia (da votare per appello nominale e dopo un passaggio formale in Cdm) o un semplice voto parlamentare (non per chiamata singola ma con votazione elettronica), lo si deciderà nei prossimi giorni, ma insomma l'approdo sembra inevitabile. Tanto più che il Carroccio, con Calderoli, ha già fatto chiaramente capire che non teme un nuovo "referendum" sul governo.
Il Terzo polo si divide sulla fiducia
Il Terzo polo, poi, già si divide sul prosieguo della partita. Da un lato, infatti, c'è la baldanza dei finiani che invocano un passaggio alle Camere tanto da arrivare a ipotizzare, con l'avvocato di Fli, Giuseppe Consolo, vicinissimo al presidente della Camera, la presentazione di una mozione per confermare o meno la fiducia al governo a firma dei terzopolisti. «Ne discuteremo nel direttivo», spiega Consolo al Sole24ore.com. Dall'altro, però, si registra la prudenza dei centristi. Che non scalpitano davanti a una nuova fiducia. «Sarebbe un favore al governo - ammette un esponente di spicco dell'Udc con il Sole24ore.com - È chiaro che hanno la maggioranza dopo le nomine». Insomma, l'esito del match sarebbe fin troppo scontato.
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