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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 16:41.

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Disordini ad Atene in sciopero mentre la troika Ue-Fmi-Bce controlla i conti dopo un anno di strettaDisordini ad Atene in sciopero mentre la troika Ue-Fmi-Bce controlla i conti dopo un anno di stretta

In un paese stremato da tre anni di crescita negativa, negozi chiusi per fallimento, tagli degli stipendi e pensioni del 20%, aumento dell'Iva e delle accise sulla benzina e tabacchi, sono scoppiati disordini ad Atene dove, al pari di altre città della Grecia, migliaia di persone oggi sono scese in piazza in concomitanza con lo sciopero generale proclamato contro il piano di austerità imposto da Unione Europea e Fondo monetario internazionale per cercare di risolvere la grave crisi debitoria (da 340 miliardi di euro) che attanaglia il Paese.

Nel centro della capitale ellenica sono dovuti intervenire i poliziotti (ai quali pure è stato tagliato il salario) in assetto anti-sommossa, con un fitto lancio di lacrimogeni contro decine di manifestanti che protestavano in maniera particolarmente dura ed esasperata.

I due maggiori sindacati della Grecia - l'Adedy, che raggruppa i lavoratori del settore pubblico, e la Gsee, quello del settore privato - hanno esortato i loro aderenti a una adesione massiccia allo sciopero e alle manifestazioni «per fermare gli attacchi contro i diritti dei lavoratori».

Una prima manifestazione, quella del Pame, il sindacato vicino al Partito Comunista, è cominciata alle 10.00 locali (le 09:00 in Italia) nella centralissima piazza Omonia, mentre alle 11.00 si è svolta la manifestazione comune dell'Adedy e della Gsee in un'altra piazza della capitale. Alla fine dei comizi entrambe le manifestazioni si sono dirette con una marcia di protesta fino al Parlamento in piazza Sintagma, dove ha sede il ministero delle Finanze e dove si affaccia l'Hotel Gran Bretagna (dove alloggia la troika di tecnici Ue-Fmi-Bce che deve verificare il proseguimento del piano di salvataggio).

Allo sciopero di oggi, al quale partecipano tutti i lavoratori del settore pubblico, delle autonomie locali, delle banche, gli insegnanti di tutti i gradi, i medici ospedalieri e gli impiegati di tutte le società pubbliche, i lavoratori marittimi e (per quattro ore) i controllori di volo, aderiscono anche i giornalisti che chiedono «la firma del contratto di lavoro collettivo, la garanzia dei diritti e di mettere fine ai licenziamenti» nel settore dell'informazione.

Lo sciopero di oggi, il decimo dal giorno della firma del Memorandum nel marzo dell'anno scorso, coincide proprio con l'avvio ad Atene dei colloqui dei rappresentanti della troika - Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea - con funzionari del Governo per decidere la concessione o meno della quinta tranche dell'aiuto da 110 miliardi di euro concesso alla Grecia un anno fa. Da queato test dipenderà anche la concessione di un nuovo pacchetto di aiuti da 60 miliardi di euro che dovrebbe aggiungersi a quello deciso il 7 maggio del 2010 da 110 miliardi di euro. Atene necessita di questo prestito perché nel 2012 serve un fabbisogno (somma del rinnovo dei bond in scadenza e deficit pubblico) di 29 miliardi di euro e nel 2013 di 26 miliardi di euro. Senza questi soldi aggiuntivi Atene non riuscirà a pagare i bond in scadenza né gli stipendi, anche perché la recessione è al terzo anno consecutivo e le entrate, a causa anche di una disoccupazione al 15% e una forte evasione, mancano all'appello.

Nei primi quattro mesi le entrate fiscali greche invece di aumentare dell'8,5% sono scese del 9,2%, così il disavanzo invece di ridursi del 3,9% è aumentato del 13,5 per cento. La crisi greca è tutta in questa cifre di un Paese che per troppo tempo ha vissuto al di sopra delle sue possibilità facendo salire il debito pubblico dal 2007 al 2011 di 42,5 punti percentuali fino a ragiungere il 153% del Pil. Un incremento del debito pubblico generale battuto solo dall'Irlanda (con 82 punti fino all'attuale 107% del Pil) ma non troppo lontano dalla perfomance della Gran Bretagna (39 punti percentuali finoa a toccare l'83,5% del Pil).

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