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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2011 alle ore 16:10.

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Strana ultima domenica di calcio. Tutto già detto e niente da decidere. Un tardo pomeriggio intasato di partite inutili, di quelle buone per portare i bambini al debutto dello stadio. Una notte solo per sbirciare distrattamente se c'è qualche suicidio in giro. In realtà si vede solo gente che saluta, che agita le mani spesso in segno di addio. Mai come questa volta, con una estate lunga e vuota davanti, si chiude pensando solo a quello che sarà. Mai come questa volta c'è stata una fretta dannata di risolvere subito e rumorosamente certe storie, quasi non se ne potesse più. Con la bambola della festa ancora addosso, il Milan si è tuffato tra i contratti: era tutto già deciso da tempo probabilmente e si trattava di levarsi il fastidio della sfilata sotto la sede di via Turati e di tutte le chiacchiere del caso.

Così Pirlo ha chiuso ieri sera a Udine lo scatolone di un decennio di ricordi con già la maglia della Juventus addosso, tanto che nemmeno Allegri nella vigilia ha provato a fare melina, benedicendone il trasferimento. In settimana si sono levati di torno un sacco di allenatori, che pure avevano fatto quello che gli era stato chiesto, da De Canio a Ficcandenti, che laggiù nei bassifondi è stato forse il più bravo insieme a Pioli, considerando il personale a disposizione. Alla fine anche Gigi Delneri non ce l'ha fatta e non ha più avuto voglia, comprensibilmente, di aspettare l'ultimo stucchevole dopopartita della stagione: «La Juventus mi ha licenziato mercoledì». In realtà l'aveva già fatto da un po' e Delneri lo sapeva anche quando, un paio di settimane fa, andava dichiarando: «Resto al 100%», mentre era l'esatto contrario. D'altra parte Antonio Conte va producendo smentite televisive che sono chiare conferme: «Non ho ancora firmato niente (possibile, ndr); sono l'allenatore del Siena (bum… ndr)». In realtà è il nuovo allenatore della Juve e che sia una scelta giusta è argomento di discussione puramente accademico. Vien voglia di dubitare, ripensando a Ciro Ferrara e siamo comunque portati a credere che in questo particolare momento storico servisse uno con le spalle molto più larghe. A meno che non si concretizzi la pura fantasia di un ritorno, ad esempio, di Marcello Lippi col ruolo di tutore dalla tribuna e dalla scrivania. Allora magari potrebbe perfino funzionare.

Altra sensazione è che alla Juve stiano facendo di tutto e fin troppo per tenersi buona la frangia più calda della piazza, dal rinnovo in pompa magna di Del Piero, all'ingaggio di un allenatore che piace alla pancia del tifo bianconero, al solito disco fatto risuonare non più tardi di ieri da Andrea Agnelli attraverso gli altoparlanti dello strumento prediletto dai giovani vip, Twitter: «Se la Figc ci mette più di un anno per rispondere al nostro esposto, allora forse non ha la coscienza troppo pulita». Insomma, il cavallo di battaglia di ogni momento di difficoltà profonda; il solito richiamo alle armi del popolo bianconero.

Non c'è mai stato così tanto futuro, dicevamo, nei titoli di coda di un campionato. Mercato già dichiarato, come quando Leonardo parla di Sanchez che l'Inter ha già da tempo bloccato e al quale la Juventus (se è vero quel che si legge) sta pensando con un ritardo che sarebbe addirittura comico. Altra vicenda abbastanza comica è quella di Mazzarri, che stava provando a fare, in modo per la verità un po' goffo, ciò che ogni allenatore avrebbe fatto: cioè scendere dalla vetta della montagna, sapendo che da ora in poi, restando lì a Napoli, avrà tutto da perdere col rischio addirittura di precipitare. Perché o De Laurentiis impazzisce e si siede al tavolo del mercato dei califfi del calcio europeo, o meglio di così sarà impossibile fare. Volendo essere maliziosi si potrebbe pensare che Walter sia stato circuito, sedotto e poi liquidato dalla Vecchia Signora. Così, quando si è interrotta la musica e tutte le panchine importanti sono state occupate, Mazzarri ha precipitosamente innestato la retro. Il resto è gioco delle parti piuttosto stucchevole, comprese le dichiarazioni melense sull'affetto della gente e quel monito fintamente orgoglioso: «Ho sempre detto che avrei parlato a fine campionato». Quando sarebbe bastato fare due mesi fa una dichiarazione alla Delneri: «Resto al 100%». A lui avrebbero creduto e ogni altra voce non sarebbe mai nata.

A questo punto non resta che aspettare la finale di Coppa Italia, facendo un tifo dichiarato per Delio Rossi più che per il Palermo. In settimana Zamparini ha avuto il coraggio di seminare ancora dei dubbi, "dica cosa vuole fare". Sarebbe splendido se Delio esternasse con una Coppa storica per le mani: cosa voglio fare? Vado in crociera intorno al mondo per un anno e nel frattempo scrivo un libro sulla fase difensiva. Paga Zamparini.

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