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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2011 alle ore 09:45.
L'ultima modifica è del 01 giugno 2011 alle ore 09:46.

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Come pochi giorni fa l'applauso scrosciante di Confindustria, anche quello che ieri all'assemblea di Banca d'Italia ha accolto le ultime «Considerazioni finali» di Mario Draghi, esprimeva, oltre agli auguri, la soddisfazione e l'orgoglio per la sua imminente nomina al vertice della Banca centrale europea. Entra ora nella fase finale la scelta di chi gli succederà.
Che questa sia una decisione politica è un'ovvietà: tenerlo presente serve a mantenere la discussione nel terreno che le è proprio. È chiaro che le scelte vanno fatte tenendo conto delle caratteristiche delle persone: ma prima ancora vengono i rapporti tra istituzioni. Questo infatti è il segnale che primo viene percepito, dentro e fuori i confini, da chi conosce le persone come da chi non le conosce. Ed è anche quello che ha conseguenze che durano nel tempo: perché le persone passano e le istituzioni restano. A maggior ragione questo vale ora che la posizione di governatore della Banca d'Italia è a termine e non più a tempo indeterminato come prima della riforma del 2005.

La Banca d'Italia fa parte dell'Eurosistema. L'indipendenza della Banca centrale dai Governi è la pietra angolare dell'intero sistema dell'euro. All'unicità di questa costruzione contribuisce in modo essenziale l'indipendenza, che è stata voluta dai suoi fondatori più forte e completa di quanto non sia per qualsiasi altra banca centrale. Così è scritto nei suoi statuti, così è stata praticata, anche puntigliosamente, durante i suoi primi dieci anni di vita. E questa caratteristica si riverbera anche sul sistema delle banche centrali che, insieme alla Bce, costituiscono l'Eurosistema.
Banca d'Italia gode di un'autonomia sua propria: la sua attività non è sottoposta al controllo della Corte dei conti. Alla sua assemblea non partecipa nessun membro del Governo. Il Tesoro è il beneficiario di una consistente parte degli utili della Banca, e per tutelare i suoi interessi il direttore generale del Tesoro partecipa ai lavori del Consiglio superiore della Banca e all'assemblea che approva la ripartizione degli utili. Nel suo operare la Banca è stata gelosa custode della propria autonomia, ancor più dopo il "divorzio" del 1981 che soppresse l'obbligo di sottoscrivere i titoli del debito pubblico.

I rapporti con il ministero dell'Economia sono delicati anche perché il ministero è esso stesso proprietario di banche: Poste italiane è dal dicembre 2010 di proprietà del Tesoro, e sono garantite dallo Stato le obbligazioni che esse emettono a fronte dei depositi che raccolgono. La Cassa depositi e prestiti attinge anche alla raccolta non garantita dallo Stato per investimenti che giudica d'interesse pubblico, e lo fa, come recita il suo sito, «in concorrenza con il sistema bancario». Inoltre nella Cassa il Tesoro ha come soci al 30% le fondazioni bancarie, le quali orgogliosamente difendono il loro ruolo determinante negli assetti di governance delle principali banche italiane. La Banca del Mezzogiorno, progetto caro al ministro Tremonti, ha ottenuto pochi giorni fa la licenza da Banca d'Italia e quindi sarà anche formalmente soggetta alla sua vigilanza. L'insieme di queste circostanze fa del Tesoro un attore fortemente presente nel settore del credito, e quindi rientrante, lato sensu, nel settore vigilato da Banca d'Italia.
A queste considerazioni di carattere istituzionale, quelle relative al contesto dell'Eurosistema di cui Banca d'Italia è parte, e quelle relative al contesto del sistema del credito, di cui Banca d'Italia è autorità di vigilanza e in cui operano soggetti di proprietà del Tesoro, si aggiungono quelle di carattere prettamente politico. Il ministro dell'Economia, a quanto si dice, non farebbe mistero del suo desiderio che governatore diventi il direttore generale del Tesoro. Solo per le indiscusse qualità personali e professionali di chi ne è pro tempore il titolare?

L'indipendenza delle autorità, oltre che strumento fondamentale per il loro operare, è una sorta di "bene pubblico" che il Governo deve preservare e accrescere. Alcuni casi pregressi autorizzano a chiedere in questo caso un di più di attenzione. La Banca d'Italia è la prima e la più autorevole delle autorità di regolazione e controllo. «Merito e indipendenza – ha detto ieri Mario Draghi – sono le condizioni essenziali per la credibilità delle sue analisi, per l'efficacia della sua azione. Sono valori da preservare». Non è solo in sé che la nomina del governatore non deve dare adito neppure al sospetto di un'ingerenza politica: essa inevitabilmente viene ad avere un significato simbolico per il concetto stesso d'indipendenza delle autorità. Che i governatori della Banca provenissero dall'interno o, come è avvenuto in alcuni casi, dall'esterno, di nessuno si è avuto motivo per dubitarne l'indipendenza, tutti l'hanno dimostrata. Qualcuno, come Paolo Baffi con il suo vicedirettore Mario Sarcinelli, pagando di persona.

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