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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2011 alle ore 07:43.

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Carbone pulito e gas non convenzionale («shale gas») sono due delle opzioni alle quali si guarda per il futuro mix energetico nazionale. Alla luce dello stop al nucleare la strategia è tutta da disegnare. A fine anno dovrebbe svolgersi la conferenza energetica nazionale che dovrà produrre tutti gli elementi per la costruzione del nuovo Piano.

Un piano di "resurrezione" nucleare mai partito. E questo indubbiamente facilita quell'addio che il referendum rischia di consolidare per anni, se non per decenni. Ma ecco, in sottofondo, il vero protagonista dello scenario. Nascosto, evanescente, sempre assente negli appuntamenti cruciali: il piano energetico nazionale, e con esso la politica di settore. Qualcosa, per la verità, negli ultimi mesi era affiorato.

Semplicemente uno slogan, che qualche indicazione comunque la dava: obiettivo 25% di elettricità da nucleare da ricostruire da zero, 25% dalle rinnovabili (ora poco sopra il decimo dei nostri consumi) per limitare, si fa per dire, il ricorso agli ora imperanti combustibili fossili (soprattutto gas, con una quota residuale di olio combustibile e il carbone limitato a poco più del 10%) al 50% della produzione elettrica italiana.

Si radicalizza l'addio al nostro rinascimento nucleare e cambiano le proporzioni, ma anche la qualità dell'obiettivo. L'Enel, l'ex monopolista elettrico di Stato che nei fatti continua ad orientare le alchimie delle generazione, vorrebbe tracciare l'orizzonte: il Paese potrebbe assestare il suo futuro sulla semplice, ma solo aritmeticamente, formuletta che punti su un terzo di rinnovabili, un terzo di idrocarburi e un terzo di carbone "pulito", cioè selezionato, depurato e filtrato nei processi di combustione per abbattere quasi totalmente il fastidioso particolato (fumi e emissioni accessorie) anche se la CO2 liberata nell'atmosfera sarà in ogni caso superiore a qualunque altra fonte di produzione elettrica.

Ma altre ricette sono in campo. Ad esempio (con sostegni crescenti, anche da parte degli esperti) quella che punta ancora su un uso estensivo, addirittura più estensivo (nella mobilità, per esempio) del gas metano da combinare comunque con una crescita decisa delle rinnovabili.

La tesi trae motivazioni dalla grande disponibilità fino a pochi anni fa inattesa del gas non convenzionale, lo "shale gas" imprigionato nelle rocce profonde che ora si riesce ad estrarre in gran quantità con le tecniche della fratturazione mirata, e che ha moltiplicato praticamente per tre le riserve accessibili. Così i prezzi del metano vanno giù, fino a disaccoppiarsi da quelli del petrolio. E le disponibilità cambiano gli equilibri, nel mondo e sicuramente anche per noi.

In questo scenario si inserisce l'appello, anche qui trainato da autorevoli analisti, sull'opportunità-necessità di promuovere e incentivare con più decisione l'efficienza energetica. Per la quale esisterebbero per noi, benché l'Italia sia già uno dei Paesi globalmente più efficienti del pianeta, spazi davvero consistenti: 20% o addirittura 30%.

Ostacoli? Ovunque, qualunque sia l'alchimia da privilegiare. Nel carbone i freni più eclatanti. Quelli, ad esempio, che hanno appena bloccato la riconversione a carbone pulito della centrale Enel a olio di Porto Tolle, che si vorrebbe riconvertire come si è appena fatto con buon successo per l'impianto di Civitavecchia.

D'altra parte non è un mistero quel che può fare (o meglio, può non far fare) l'intrico tra burocrazia, bizantinismi normativi, contenziosi amministrativi e opposizioni locali a qualunque genere di infrastruttura. E che dire dei consistenti giacimenti italiani che per simili ragioni non si vogliono o non si riescono a sfruttare?

Ecco che il Governo dovrà perlomeno far fronte ad una necessità ormai antica: dare al Paese una "cornice" complessiva di regole e di obiettivi. Un piano energetico, appunto. Il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, ammette implicitamente la falla (non sua, visto che è nuovo del compito) e promette: dopo l'estate si imbastirà una conferenza energetica nazionale che si terrà a fine anno e dovrà produrre tutti gli elementi utili per la successiva costruzione del nuovo Piano.

Nel frattempo sono attesi numerosi provvedimenti propedeutici per i quali ci si è già impegnati, anche per rispettare e direttive comunitarie. La revisione dei sussidi per il solare fotovoltaico, che dopo un iter super-tormentato ha appena prodotto il "quarto conto energia", deve essere affiancata entro il prossimo autunno da una raffica di nuovi decreti di promozione-regolamentazione: per il solare termico, nel quale l'industria italiana ha peraltro una posizione più favorevole rispetto al fotovoltaico; nelle biomasse; nell'energia eolica. Al Governo, quale che esso sia, il lavoro obbligatorio e urgente non manca.

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