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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2011 alle ore 15:05.

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A Lisbona i sondaggi sono eloquenti: l'opposizione di centrodestra, che in Portogallo è rappresentata dal Partito socialdemocratico (Psd) guidato da Pedro Passos Coelho, ha più di cinque punti di vantaggio sul Partito socialista (Ps) del premier uscente Josè Socrates nelle elezioni anticipate di domenica. Il Psd supera infatti il 36% delle intenzioni di voto secondo i due più diffusi giornali portoghesi, il "Diário de noticías" e il "Jornal de Noticías", davanti al Ps con circa il 31% e al secondo partito del centrodestra, il Cds, con l'11-12 per cento. Le due formazioni della sinistra, Cdu (comunisti-verdi) e Bloco de Esquerda (post-trotzkysti), sono accreditate rispettivamente del 7 e del 6 per cento. I due partiti di centrodestra Psd e Cds insieme, con il 48-49% dei voti, otterrebbero secondo "Público" (quotidiano di qualità, fondato nel 1990 con una formula innovativa) la maggioranza assoluta nell'Assemblea nazionale (Parlamento monocamerale) di Lisbona.

Le difficoltà economiche
Nascosto dietro la Spagna, in passato il piccolo Portogallo - "finis Europae" - aveva quasi voltato le spalle al Vecchio continente per guardare agli immensi spazi dell'Oceano. Uscito dalla periferia della Storia nell'aprile 1974 con la "rivoluzione dei garofani", il Governo di Lisbona – dopo la breve parentesi dei militari filo-marxisti al potere e qualche anno di anticamera – ha potuto entrare nella Comunità europea nel 1986 (insieme con Madrid), organizzare con "Expo '98" l'ultima grande esposizione universale del XX secolo e agganciarsi al treno di Maastricht, facendo parte degli undici Paesi fondatori dell'Unione monetaria europea.
Ma il tempo dell'ottimismo è finito. Poche settimane fa il deficit pubblico per il 2010 è stato rivisto al rialzo dall'Istituto nazionale di statistica lusitano e ha raggiunto il 9,1% del Pil, contro l'8,6% delle stime iniziali; lo stesso è avvenuto per il debito pubblico, passato dal 92,4% al 93% del Pil, pari a 160 miliardi di euro. L'interesse dei titoli di Stato portoghesi a cinque anni è volato all'11%, un record dalla nascita dell'euro. Anche la disoccupazione è schizzata ai massimi dal 1998, toccando il 12,4% secondo le stime dell'Istituto nazionale di statistica.

Un Paese a sovranità (quasi) limitata
Il Portogallo che va alle urne è quasi un Paese a sovranità limitata, sotto il controllo del Fmi e della Ue, imposto in cambio del piano di salvataggio da 78 miliardi di euro. Oggi il sentimento della gente è la "saudade", quel misto di nostalgia del passato e rassegnazione, insito nel carattere dei portoghesi ed espresso nella musica del "fado" (che il regista Wim Wenders ha ben saputo rappresentare nel film "Lisbon Story"). Fra i grandi delusi c'è Otelo de Carvalo, 75 anni, che guidò nel 1974 il "movimento dei capitani" e la conquista pacifica del potere da parte dei militari a Lisbona: «Dopo mezzo secolo di dittatura salazarista, meritavamo altro che vedere due milioni di portoghesi che ancora vivono in povertà», ha dichiarato in un'intervista. «Se avessi saputo che sarebbe finita così, non avrei fatto la rivoluzione: mi sarei dimesso dall'esercito e forse avrei fatto come i nostri giovani, sarei partito per l'estero». Molti portoghesi hanno infatti ripreso in mano la valigia di cartone dei loro padri emigrati e sono partiti.

Un popolo sfiduciato
Fra i nuovi poveri di Lisbona e di Oporto, vittime del crollo delle illusioni del boom portoghese degli ultimi dieci-quindici anni, la speranza che uno dei due candidati - il premier socialista uscente Josè Socrates o il favorito conservatore Pedro Passos Coelho - possa cambiare qualcosa è ridotta al lumicino. I giri di vite imposti nell'ultimo anno dal Governo hanno tagliato sussidi di disoccupazione, spesa medica, aiuti sociali, pensioni e stipendi pubblici. Il 40% dei giovani diplomati è senza lavoro e nella piazza del Rossío, cuore della capitale portoghese, come nelle stradine che scendono verso il Tago, ha ripreso vigore sulla scia degli "indignados" spagnoli il movimento locale della "Geração a rasca" (Generazione nei guai).

Il Paese più povero dell'Europa occidentale
Il Portogallo è il Paese più povero dell'Europa occidentale, con un Pil pro capite di 15.500 euro (dietro Grecia, 22mila euro, e Irlanda, 41mila, gli altri due paesi "salvati"). Il 22% della popolazione vive con meno di 500 euro al mese, un milione di anziani con una pensione da 280 euro. Il divario fra più ricchi e più poveri continua a salire: nel 2005, quando Socrates è arrivato al potere, era di 1 a 27, ora di 1 a 34. «La classe media va alla mensa dei poveri - ha scritto "Público" - gente che aveva lavoro, ferie, tv via cavo, internet, carte di credito». E ancora: «Mangiano girati verso la parete, si vergognano - spiega il presidente dell'Unione Misericordias, Manuel Lemos - chiedono aiuto professori, avvocati, ingegneri, nessuno pensava che potessero un giorno averne bisogno».

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