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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2011 alle ore 08:14.

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Sarà l'ultimo scontro prima del verdetto degli elettori. Martedì, davanti alla Consulta, chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità del quesito sul nucleare, come riformulato dalla Cassazione, il Governo proverà a disinnescare la mina del referendum. E il Pd, ha fatto sapere ieri l'avvocato Gianluigi Pellegrino, chiederà «il rigetto dell'istanza dell'esecutivo».

Il Governo, che ha presentato una memoria difensiva alla Corte attraverso l'avvocatura dello Stato, punterà così a dimostrare che la Cassazione è andata oltre i suoi compiti. Perché a quest'ultima spetta solo una verifica formale dei requisiti e non anche ulteriori valutazioni «sostanziali». Con il decreto omnibus, sarà la tesi sostenuta dai legali di Palazzo Chigi, il Governo non ha fatto una modifica meramente «formale», ma «una innegabile e sostanziale diversità di scelta» rispetto alle norme sul nucleare sulle quali era stato promosso il referendum. La cui natura, si legge nella memoria, «non è più abrogativa, ma propositiva se non consultiva», in quanto i nuovi commi al centro del quesito referendario (1 e 8 dell'articolo 5 del Dl omnibus) non riguardano più la possibilità «di realizzare centrali nucleari né di dar corso a una politica energetica» fondata sull'atomo.

Insomma, l'Esecutivo tenterà di convincere i giudici che il referendum sul nucleare non ha più ragione di esistere e nel Pdl più di qualcuno spera ancora in un ribaltamento del match. «La Cassazione ha di fatto trasformato l'istituto del referendum da strumento per abrogare norme di legge in vigore a un processo alle intenzioni del Governo - avverte Peppino Calderisi (Pdl), fine conoscitore della materia essendo stato promotore di molti referendum –. Ora la Corte dovrà valutare nuovamente la chiarezza, l'omogeneità e l'univocità del quesito e non è affatto un passaggio formale». In casi analoghi, osserva invece il costituzionalista Alessandro Pace, legale dell'Italia dei valori, «la Corte ha sempre dato l'ok, ma è pur sempre un giudizio». Altri colleghi di Pace, va detto, non hanno poi mancato di esprimere qualche perplessità sulla decisione della Cassazione. Da Giovanni Guzzetta - che, su Facebook, ha definito «contradditorio» il quesito del nucleare - ad Augusto Barbera che parla senza mezzi termini di «una forzatura» della Cassazione.

Intanto, però, l'opposizione continua la mobilitazione per centrare l'obiettivo del quorum che preoccupa, e non poco, anche Silvio Berlusconi. Sebbene un fedelissimo del premier come Osvaldo Napoli getti acqua sul fuoco. «Non ci saranno conseguenze per il governo». Il Pdl ha deciso di giocare la carta della libertà di voto per depotenziare la consultazione, ma nella maggioranza si moltiplicano i distinguo. Anche la Destra di Francesco Storace si è smarcata invitando a votare tre sì (sull'acqua e sul nucleare) e a non ritirare la scheda sul legittimo impedimento. I vertici del Carroccio devono ancora sciogliere la riserva anche se il senatore Pd Ignazio Marino si è detto sicuro ieri che il popolo leghista «andrà a votare e voterà sì», una previsione confermata dal governatore Luca Zaia e dal sindaco di Varese Attilio Fontana, ormai schierati per il no al nucleare (il primo) e sì all'acqua pubblica (entrambi).

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