Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2011 alle ore 19:54.

My24
(Foto Ironman 70.3 Italy/Iacone/Rinaldi)(Foto Ironman 70.3 Italy/Iacone/Rinaldi)

Comincio a pedalare pensando se ho fatto tutto come dovevo da regolamento, che forse avrei dovuto gonfiare di più la ruota di dietro per dare più scorrevolezza alla bici. Ci sono bici fantastiche. Da crono in carbonio, da 5-10 mila euro con il manubrio con le "corna" . La mia è una semplice bici da corsa in alluminio. Regolata bene sul mio corpo. Ne sono fiero anche se rispetto a queste è poco più di un cancello. La cosa non mi crea nessun complesso d'inferiorità. Anzi. Il percorso ciclistico prevede 90 chilometri lungo le colline del pescarese, strade che conosco a memoria, dove mi allenavo da bambino quando correvo nei pulcini della Fci, categoria C e D. Facevo queste salite, auto comprese, senza paura, a 7-8 anni. Ora a 46 anni ho paura di girare in bici sulle strade con il traffico. E' molto, molto più pericoloso di allora. Ma oggi il traffico è bloccato lungo tutto il percorso.

L'unica cosa di cui sono davvero preoccupato è la scia. Il regolamento prevede il divieto di scia. In pratica non ci si può avvicinare più vicino di dieci metri e se lo fai vieni penalizzato dai giudici che si vedono ogni tanto a bordo delle moto. Se devi superare qualcuno perché vai più veloce devi metterti a sinistra e andare avanti fino a quando non arrivi a occhio ai fatidici 10 metri. Ogni X penalità ti fanno fermare per 5 minuti. Se continui a farle sei squalificato. E i giudici qui sono tedeschi: quindi le regole le applicano. Uno stress ulteriore oltre alla fatica. Subito dopo pochi chilometri il percorso comincia a salire verso Montesilvano Colle nelle strade dove passa il Trofeo Matteottti di ciclismo, in luglio, ma in direzione inversa. Una prima botta per tutti sotto il sole cocente... Poi c'è un lungo tratto in pianura.

Cerco di andare avanti regolare, senza forzare mai o andare "a tutta". So che cosa mi aspetta e ho paura di finire senza benzina. Il contachilometri in pianura oscilla tra i 32 e i 38, sempre sopra i 30 all'ora. Non è male per me, considerando che si va avanti da soli nel vento e che sento ancora nel fiato il peso della nuotata. Con i chilometri che passano mi abituo sempre di più al movimento della bici. Ai 40 chilometri, dopo aver attraversato una serie di campagne, mare di ulivi, capannoni industriali, i comuni di Montesilvano Colle, Collecorvino, Città Sant'Angelo, Piccianello, Picciano, arrivo a Penne, il mio paese natale. Lì c'è la salita più dura della gara. Quella del "campo sportivo".

Arrivo a Penne ed è una festa. Mi riconoscono. Si ricordano di me anche se vivo da più di vent'anni fuori dall'Abruzzo. Tifo da stadio. Mio fratello mi passa una borraccia con i sali. Ennio Baldassarre, detto il senatore, con una 100 km del passatore sotto le dieci ore e dieci Nymarathon all'attivo, mi corre al fianco per incitarmi. Continuo a salire agile spinto dal sostegno di tutta quella gente. Felice e lieve quasi. Anche se già stanco.

Dopo la fine della salita si comincia a scendere per una lunga ripida discesa verso la valle del Lungofino. Una discesa a tratti pericolosa, con curve a gomito e picchi di velocità che toccano i 70 all'ora. Comincia a piovere forte. Avete presente quei temporali estivi, con l'acqua che fa male sulla pelle quando cade come mille aghi di pino? Con la strada che non si vede più? Acqua dappertutto bagnato zeppo dalle scarpe in su. Ebbene, così. Continuo ad avanzare sotto il temporale ma non vedo niente. Ogni tanto delle folate di vento laterale muovono la bici. Ho paura di cadere. Penso a quelli che montavano delle ruote lenticolari che con questo vento rischiano di cadere (quelle del mio amico-mito Moser al record dell'ora: buon compleanno, Francesco). Dopo una decina di chilometri la pioggia finisce... Ne mancano ancora una quarantina. Gli ultimi dieci per me sono i più faticosi anche se sono in pianura. La stanchezza si fa sentire nelle gambe, nella schiena. Cerco di mangiare... Barrette, liquidi. Una schifezza. Ma è l'unico modo per non restare a secco.

Arrivo a Pescara poco prima delle 17. I professionisti sono arrivati e io devo ancora fare la mezza maratona. Una cosa che in condizioni normali non mi spaventa. Ma oggi sì per due motivi. La corsa è la disciplina dove mi sento meno preparato (pur avendo all'attivo 14 maratone e una quasi 100 chilometri del passatore). Eppoi il percorso si svolge su un circuito cittadino: 4 giri. Psicologicamente è una mazzata: preferisco sempre partire da un punto e arrivare a un altro. È difficile trovare le motivazioni.

Al primo giro penso che non potrò mai farcela. Procedo in uno stato di simil Nirvana, quasi in catalessi, in una sorta di lungo rosario dinamico da sgranare, passo dopo passo. Alla fine di ogni giro, per non sbagliare, ti danno un braccialetto di diverso colore. Giallo il primo giro, poi rosso, viola e bianco l'ultimo agognato giro... Ogni giro mi spingo avanti pensando al colore e alla conquista del braccialetto che deve arrivare... All'ultimo giro mi passa avanti Nicola di Radio Dj: non riesco a stargli dietro. Penso che lui fa solo la corsa (altri hanno fatto le altre frazioni) e io, da solo, ho fatto quasi tutto il mio percorso. Penso che forse non sono andato così male.

L'ultimo giro è una sofferenza senza parole. Mi getto acqua dappertutto per svegliarmi. Davanti e dietro di me vedo altri fantasmi, come me. Anche loro - non so dove trovino la forza - vanno avanti... Ogni tanto incontro qualcuno che finisce a terra per i crampi. Ho visto anche barelle e flebo spuntar fuori qua e là. A parte la stanchezza, mi sento bene. Continuo piano il mio rosario dinamico fino alla conquista dell'ultimo fatidico bracciale bianco e ancora per gli ultimi due chilometri che mi separano dall'arrivo, in piazza Salotto. Arrivo a braccia alzate, sotto le sette ore. Per me è una vittoria. Bacio la terra. Mi chiedono se voglio una flebo, stendermi su una barella. Faccio cenno di no. Continuo ad andare avanti. Felice e lieve.

Shopping24

Dai nostri archivi