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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2011 alle ore 16:44.

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Il Ken Follett italiano. Io ho letto le due spystory scritte da Luigi Bisignani e ve le racconto. Fiction o realtà?Il Ken Follett italiano. Io ho letto le due spystory scritte da Luigi Bisignani e ve le racconto. Fiction o realtà?

Tutti i ritratti di Luigi Bisignani hanno dato conto della sua breve attività di romanziere, nell'ultimo scorcio degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. Il frutto della sua penna, prestata dal giornalismo alla letteratura, sono «Il sigillo della porpora» (1988) e «Nostra signora del Kgb» (1992), entrambi pubblicati da Rusconi. E molti si sono ricordati di un'impegnativa definizione del Bisignani scrittore, circolata in quegli anni: Ken Follett nostrano.

Alberto Statera, su Repubblica, ha attribuito a Giuliano Ferrara l'accostamento al bestsellerista britannico. Ma il direttore del Foglio, che nel 1988 presentò in compagnia di Giulio Andreotti «Il sigillo della Porpora» in un teatro romano, ha smentito, scrivendo che «si trattava di un libro di spionaggio, un romanzo gradevole, ma nulla di speciale» e che, quanto al richiamo a Ken Follett, «quella dizione era la fascetta editoriale del libro, non una mia banalità». E, per la verità, sulla quarta di copertina del romanzo successivo di Bisignani, «Nostra signora del Kgb», la patente di «italiano sulle orme di Ken Follett» è genericamente attribuita al Corriere della Sera (questo secondo libro fu a sua volta omaggiato da Andreotti con una recensione sull'Europeo, benché il politico democristiano, più abituato alla lettura di Cicerone, pare fosse sorpreso dalla sovrabbondanza di scene pruriginose presenti nella prosa bisignaniana).

Al di là della definizione di novello Ken Follett italiano e dei permanenti dubbi riguardo all'attribuzione di paternità di cotanta etichetta, proviamo a sfogliare a una ventina di anni di distanza i due libri di Bisignani che, se non si sono conficcati come una freccia nel pantheon dei capolavori del thriller, in un sonnacchioso pomeriggio estivo si fanno anche leggere.

«Il sigillo della porpora» (dedicato dall'autore "a mio padre") è un giallo imperniato sulla figura del presidente della Everest International Sergio Bruschi, un imprenditore e finanziere che gode di un enorme successo, sui cui primi passi nel mondo degli affari ben pochi hanno le idee chiare.
La vicenda si va complicando con l'intervento di un catalogo completo di protagonisti: misteriosi gruppi terroristici attivi in Medio Oriente, alte gerarchie religiose, grande stampa economica internazionale, politici di lungo corso e giovani rampanti, volgari affaristi arabi e ragazze in cerca di avventure forti, servizi segreti di vari paesi e barbe finte che ormai agiscono in proprio, narcotrafficanti e ambasciatori, con un contorno di figuranti abbastanza improbabili, tra cui un caricaturale presidente della Borsa di Londra che veste pastrano e abiti di lana pesante anche in barca e un'affascinante professoressa egiziana in forze al Mossad che decritta messaggi misteriosi servendosi di Avicenna.

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