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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2011 alle ore 14:37.

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Sono 9 le vittime del raid Nato di questa notte su Tripoli, secondo il regime libico. Almeno altre 18 persone sono rimaste ferite nel corso dell'attacco della Nato su un quartiere popolare della capitale libica. «Il bilancio diventa adesso di nove martiri, di cui cinque membri della stessa famiglia, e 18 feriti», ha dichiarato il portavoce del governo Moussa Ibrahim. «Le altre quattro persone sono state uccise mentre passavano davanti all'abitazione al momento del raid».

L'immobile di due piani, interamente raso al suolo, si trova nel quartiere di Al-Arada, dove non sono presenti strutture militari. Altre due case sono state danneggiate. Ibrahim ha nuovamente invitato la comunità internazionale a fermare «l'aggressione» contro la Libia e a incoraggiare il dialogo fra le diverse fazioni per mettere fine al conflitto.

È impossibile, però, nonostante la presenza della stampa internazionale - come sottolineano diverse testate - accertare come siano andate effettivamente le cose. La Nato assicura, in serata in una nota, di essere pronta a scusarsi per la morte di innocenti, di prendere estremamente «sul serio» le notizie relative alla morte di civili, e che «continuerà a indagare» sugli eventi segnalati «in relazione a un attacco compiuto nelle prime ore di oggi contro un sito missilistico di Tripoli».

«Un attacco sferrato deliberatamente contro le case civili», per il viceministro degli Esteri del regime Kalhed Kaim. Al quale replica l'alleanza atlantica in un comunicato: «La Nato si rammarica per ogni perdita di vita umana e sta facendo tutto il possibile per proteggere la popolazione libica dall'ondata di violenza scatenata dal regime di Gheddafi. Ogni missione è pianificata con un altissimo livello di cura e precisione».

Sono 4.400 missioni compiute finora. Il bombardamento su cui si investigherà, adesso, arriva il giorno dopo una prima ammissione: la Nato ha dovuto chiedere scusa per aver colpito erroneamente una colonna di ribelli nella regione di Brega, dove sono rimasti feriti, tre giorni fa, 16 combattenti.

L'appello dell'alto commissario Onu
L'altro fronte caldo del conflitto in Libia resta quello dell'esodo dei rifugiati verso le coste italiane. L'alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, in visita a Lampedusa ha ribadito la necessità che «in queste condizioni i Paesi mantengano i loro confini aperti, in modo tale da accogliere chi scappa dalla guerra. E siamo molto contenti del cambiamento di politica di Egitto e Tunisia che adesso hanno lasciato aperti i loro confini per almeno un milione di persone»
«Anche l'Italia sta cercando di accogliere quelli che arrivano dalla Libia - ha continuato Gutierres - Alcuni di loro sono migranti per motivi economici, ma la gran parte di loro necessitano di protezione ed è molto importante per noi che siano accolti sul territorio».

«Il numero di 18mila immigrati passati per Lampedusa è un molto esiguose confrontato con il resto d'Europa - ha proseguiro - ma rispetto a Lampedusa è un numero enorme. È sicuramente da apprezzare il comportamento della gente dell'isola in questa situazione. Abbiamo avuto momenti difficili a febbraio e marzo - ha concluso l'alto commissario dell'Unhcr -, ed è stato fatto molto per consentire di migliorare le condizioni d accoglienza e di trasferimento dei migranti».

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