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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2011 alle ore 19:33.

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Una battuta rapida per dire che, almeno per ora, la guerra nella Lega è stata congelata. Così, quando i cronisti intercettano Roberto Maroni al termine della segreteria politica della Lega, il ministro dell'Interno taglia corto. «Il chiarimento con Umberto Bossi? Tutto a posto». E anche Rosy Mauro, vicepresidente del Senato e vicinissima al Senatur, si affretta a dire che «è andato tutto benissimo». Insomma, tra il cerchio magico (i fedelissimi di Bossi) e i maroniani è stato siglato un difficile armistizio dopo giorni di tensioni scoppiate all'indomani del raduno di Pontida e acuitesi nei giorni scorsi nell'assemblea del gruppo leghista alla Camera, chiamato a esprimersi sulla riconferma di Marco Reguzzoni, bossiano di ferro.

La minaccia del Senatur: ci metto poco a espellere chi fa casino
Eppure tra Bossi e Maroni si è sfiorata la frattura più volte negli ultimi giorni e saranno le prossime settimane a dire se la tregua, siglata oggi pomeriggio nel corso di una lunghissima riunione (2 ore e mezza di confronto non senza momenti molto accesi, racconta chi vi ha partecipato), sarà destinata a durare. Vero è che tra il Senatur e il ministro l'idillio di un tempo sembra essersi ormai spezzato e il titolare del Viminale è stato a un passo dall'espulsione. Le parole di Bossi, pronunciate due sere fa in un comizio a Magenta, erano infatti più di un avvertimento. «Ci metto due secondi a chiedere al Consiglio federale l'espulsione di chi si mette di traverso, anche se ci sono persone importanti: la base sa bene che chi fa casino nel partito non lo fa per interesse comune ma per interesse di altri».

La mediazione di Cota e Calderoli
Poi, ieri sera, il parziale dietrofront del Senatur dopo la mediazione di alcuni generali del Carroccio (Cota e Calderoli su tutti). «Ognuno deve rispettare le competenze» che ha nel partito. Per questo, aveva detto Bossi con toni decisamente più concilianti rispetto alla minaccia del giorno prima, Maroni «ha sbagliato» a sottoscrivere il documento con cui alla Camera i leghisti volevano sostituire il capogruppo Reguzzoni con il deputato bergamasco Giacomo Stucchi, vicino al ministro dell'Interno.

Bossi: Maroni poco responsabile
Con Maroni, aveva quindi chiarito Bossi rivolgendosi ai giornalisti in tarda serata a Termate nel varesotto, «la pace l'abbiamo fatta, mentre voi stavate scrivendo: non c'è nessuna guerra. Le cose che deve fare il segretario federale, cioè io - ha aggiunto Bossi - le faccio». Poi un cenno al ministro dell'Interno ma senza nominarlo esplicitamente. «Io non vedo una grossa situazione dentro la Lega: qualcuno agisce in modo poco responsabile, ma non mi pare una cosa importante, l'importante è la base che io ascolto sempre».

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