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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2011 alle ore 10:26.

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Strauss-Kahn insieme alla moglie Anne Sinclair (AFP)Strauss-Kahn insieme alla moglie Anne Sinclair (AFP)

Parlare di complotti forse è esagerato sulla intricata vicenda di Dominique Strauss-Kahn, ma che resti la sensazione di più di un'incongruenza, sbavature o di zone grigie nell'intricato mosaico dello scandalo sessuale del Sofihotel di New York è un dato di fatto.

DSK, come viene chiamato in Francia, ha sempre fatto a modo suo, cioè irruente e deciso, scelte che hanno pesantemente infranto tabù precedenti, rotto equilibri storici e posto l'euro al centro della sua opera di difesa come direttore generale dell'Fmi. Insomma si è creato una larga schiera di oppositori che certamente non hanno pianto quando lo scandalo lo ha travolto e tolto di mezzo. Evento peraltro già avvenuto in precedenza e da cui si è risollevato quando era ministro dell'Economia del Governo socialista di Lionel Jospin nel 1999.

ALLENTA IL RIGORE
Era il 27 gennaio 2008 quando il neo direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Khan, lancia la parola d'ordine per affrontare la situazione al World economic forum di Davos dopo una riunione a porte chiuse diretta dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nella veste di presidente del Financial Stability Forum.
«La crisi dei mercati finanziari non può essere affrontata solo con misure monetarie», spiega a conclusione dell'incontro Strauss-Kahn in un intervento inusuale per l'Fmi. «Alcuni Paesi non sono in condizioni di aumentare il deficit ma altri forse hanno spazio per un allentamento fiscale». Un esempio perfetto per gli Usa dove il taglio di 75 punti base della Fed è stato appena accompagnato dall'annuncio di un pacchetto di sgravi fiscali.
Pronte le reazioni alla svolta dell'Fmi, che piace immediatmente al premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz e all'ex sottosegretario al Tesoro Usa, Lawrence Summers. Quest'ultimo, democratico, saluta con soddisfazione la proposta: «È la prima volta in un quarto di secolo che l'Fmi chiede un aumento dei deficit per sostenere la crescita: è il segnale di una situazione grave». Posizione risultata sgradita però ai custodi dell'ortodossia del rigore e contrari alla rinascita di Keynes dopo anni di vulgata monetarista della scuola di Chigago.

L'ALLARME DEBITI SOVRANI
Il 2 dicembre 2009 da Nuova Delhi DSK torna spiazzare i mercati quando afferma che alcuni paesi europei «non sono lontani dall'orlo del precipizio». Non è una cassandra qualsiasi a fare l'ennesima profezia catastrofista alla Nouriel Roubini, ma proprio il direttore generale dell'Fmi in persona, Dominique Strauss-Kahn nel corso di una conferenza. E sebbene le rivelazioni di Wikileaks non abbiano risparmiato nemmeno il numero uno dell'Fmi («il più capace dei candidati socialisti per l'Eliseo ma non aveva l'entusiasmo necessario per vincere») l'avvertimento non viene lascito cadere nel vuoto visto che DSK è uno che di salvataggi finanziari se ne intende visto che il 28 ottobre 2008 ha salvato l'Ungheria dal default.
Come se non bastasse Strauss-Kahn aggiunge che lo scenario di un «double dip», ossia di una ricaduta in recessione «non è affatto impossibile» ma sottolinea, positivamente, come la Bce sta svolgendo un lavoro «perfetto» nel gestire la crisi del debito europeo.
Chi sono i prossimi paesi a rischio a cui accenna il numero uno dell'Fmi? Strauss Kahn precisa che Grecia e Irlanda sono sull'orlo del burrone, mentre altri paesi dell'area non sono lontani dal baratro senza però dare altre precisazioni. I sospetti cadono su Portogallo e Spagna naturalmente, visto che durante la conferenza stampa della Bce "mani amiche" hanno comprato bond iberici facendo ridurre lo spread con i bund.
Nuovi salvataggi in arrivo però vogliono dire altri mezzi da raccogliere per l'Fmi, che contribuisce al fondo Ue con 250 miliardi: voci di un nuovo maxi finanziamento che si erano diffuse in relazione alla visita a Madrid, Berlino e Parigi del sottosegretario americano agli Affari internazionali Lael Brainard, ma che Edwin Truman, ex direttore dell'International Board della Federal Reserve e ora consulente al Peterson Institute for International Economics esclude categoricamente. È chiaro che negli Usa ci sono due partiti che si scontrano: uno che vuole aiutare gli alleati europei in crisi e l'altro che vuole concentrarsi sulle questioni interne.

BASTA EUROPEI AL VERTICE FMI
In quell'occasione a Nuova Delhi il direttore dell'Fmi parla della sua successione al Fondo usando termini che non possono non allarmare ancora una volta i più tradizionalisti: «Siamo onesti. Io credo che l'intesa Usa-Europa per la spartizione dell'Fmi e della Banca mondiale sia superata. E credo sia giusto che i prossimi leader di queste due istituzioni vengano da altre parti del mondo». Rivolto al ministro indiano delle Finanze Pranab Mukherjee, Strauss-Kahn afferma «I vostri risultati in termini di crescita economica sono davvero impressionanti».

IL FONDO SALVA STATI UE
Il 9 dicembre 2010 DSK si schiera contro Parigi e Berlino sull'entità del fondo salva-stati provocando un nuovo scontro. Secondo Francia e Germania non serve nessun incremento da aggiungere agli attuali 750 miliardi di euro (440 del fondo, 60 da parte della Ue e 250 miliardi dell'Fmi), opponendosi così alla posizione belga che, come presidente di turno, invece, chiedeva il raddoppio del fondo così come sostenuto anche dalla Bce di Jean-Claude Trichet e dall'Fmi di Dominique Strauss-Kahn. Un lungo elenco di scontri e di poszioni spesso risultate preveggenti ma che hanno sicuramente lasciato rancori e acredini in molti ambienti.

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