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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2011 alle ore 08:07.

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Mario Cal, 71 anni, vicepresidente della Fondazione Monte Tabor San RaffaeleMario Cal, 71 anni, vicepresidente della Fondazione Monte Tabor San Raffaele

di Stefano Elli
Un colpo di pistola e due lettere. La prima alla moglie, la seconda alla propria assistente. Si è chiusa in questo modo la vita di Mario Cal, 71 anni, vicepresidente della Fondazione Monte Tabor San Raffaele, da 34 anni uomo di fiducia di don Luigi Verzè, sposato, senza figli. Un suicidio su cui la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta, circostanza automatica in casi simili: fascicolo contro ignoti con l'ipotesi di istigazione al suicidio.

Otto giorni orsono Cal era stato sentito come persona informata sui fatti dal pm Luigi Orsi. Ma Cal non era indagato, anche perché, allo stato, non c'è alcuna inchiesta sulla Fondazione e sui suoi amministratori. Oggetto delle domande del Pm, a capo del dipartimento reati fallimentari della procura, presumibilmente, la situazione di sbilancio patrimoniale della Fondazione: una situazione gravissima, con 900 milioni circa di debiti di cui 550 con fornitori e con 450 milioni di scaduto. Un quadro fosco, come si vede, che tuttavia non sembrava avere intaccato la solidità emotiva del manager, descritto da chi lo conosceva bene come uomo deciso e determinato.

Cal questa mattina, poco dopo le dieci, si è presentato in quello che da due giorni oramai non era già più il suo ufficio all'Ospedale San Raffaele, ha salutato la sua segretaria dicendole che avrebbe raccolto alcuni effetti personali raccolti davanti all'ingresso, si è chiuso la porta alle spalle, ha preso la Smith & Wesson regolarmente denunciata che portava sempre con sé e ha premuto il grilletto. Non è morto subito. La segretaria dopo avere sentito il colpo si è precipitata all'interno dove Cal era riverso sul pavimento. Quasi immediati sono giunti i soccorsi e qui, evidentemente nella concitazione, la pistola è stata spostata dalla sua posizione e infilata in un sacchetto. Mossa piuttosto incauta, che in casi del genere non dovrebbe mai essere fatta. Un gesto su cui la procura intende fare completa chiarezza.

Trasportato al pronto soccorso dell'Ospedale, i medici hanno tentato di stabilizzarlo e di rianimarlo per una ventina di minuti senza successo. Il decesso è stato dichiarato da Michele Paoletti, primario del Pronto soccorso, alle 10,57. Sul posto sono stati chiamati, oltre al magistrato di turno, Maurizio Ascione e agli agenti del commissariato Lambrate, anche i pm Orsi e Laura Pedio. Il primo ha provveduto a disporre l'acquisizione dei documenti economici e finanziari conservati nell'ufficio di Cal e alla copiatura dei dati contenuti nel computer del manager. La seconda si è recata presso l'abitazione di Cal per prendere visione dell'eventuale documentazione presente e acquisirla.

Le ragioni del gesto pare che non siano spiegate in nessuna delle due lettere (subito sequestrate per essere inviate alla Polizia scientifica per l'esame delle impronte digitali e per una perizia calligrafica). Ma potrebbero essere collegate alla depressione sopraggiunta in seguito alla sostituzione di Cal al vertice della Fondazione con l'arrivo di Giuseppe Profiti, una sostituzione annunciata almeno dai conti e che, in un primo momento, non sembrava avere provocato nell'uomo reazioni tali da fare pensare a un gesto simile. Il legale di Cal e della Fondazione Rosario Minniti ha riferito di non spiegarsi il gesto, né di avere mai avuto sentore né alcuna avvisaglia di possibili gesti estremi. Minniti nega recisamente anche l'ipotesi di un collegamento tra l'audizione in procura avvenuta una settimana prima e il suicidio.

«La Procura non c'entra - ha detto Minniti -. Lui è stato ascoltato in tribunale per vicende di tipo amministrativo e non penale». Piuttosto una situazione più generale di prostrazione legata alle difficoltà del San Raffaele. Minniti, riferendosi alla grave situazione dell'ospedale, ha anche affermato che per Cal questo rappresentava «il crollo di un sogno». E il legale ha specificato che venerdì lo aveva visto «tranquillo». Per quanto attiene poi alla delicata situazione finanziaria della Fondazione, ha spiegato ancora Minniti, «non c'è stata mala gestione ma piuttosto un'ottica non imprenditoriale».

Cal era di fatto l'alter ego di Don Luigi Verzè. Lo aveva conosciuto quasi 35 anni fa, ma solo da un decennio aveva ottenuto la delega totale per la gestione di tutto quanto attiene alla gestione dell'ospedale. Nel 1994 era stato travolto da Tangentopoli. Sino a passare un giorno e una notte a San Vittore. A indagare su di lui e sul direttore amministrativo del San Raffaele Vincenzo Marescotti era stato Antonio Di Pietro in persona, che però interpellato da «Il Sole 24 Ore» afferma di «ricordare poco e non certamente nei dettagli e in modo approfondito le ragioni dell'inchiesta».

In serata, dopo la dichiarazione del Cda della Fondazione Monte Tabor che parla di«gesto grave e imprevedibile che accresce la consapevolezza sulla gravità dell'attuale situazione in cui si trova la fondazione» è giunto il messaggio di cordoglio del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che si è detto «attonito e profondamente addolorato per la notizia».

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